Ci troviamo a Jinka nel sud dell’Etiopia, siamo arrivati oggi verso l’ora di pranzo, anche qui fa caldo, ma si sta decisamente meglio rispetto a Turmi.
Siamo contenti perché domani andremo nel Parco Nazionale Mago per vedere i Mursi e non vediamo l’ora; ma non sappiamo se dobbiamo camminare sotto il sole oppure se il villaggio è raggiungibile in auto, se le temperature sono miti non ce ne preoccupiamo.
Quando siamo arrivati abbiamo pranzato e poi ci siamo rilassati un po’ nel giardino del nostro hotel; non è molto grande ma ha dei tavolini all’aperto che sono sia del bar sia del ristorante, ha una fontana al centro e sul lato che da verso la strada ha un bar con alcune tv,quasi sicuramente stasera ceneremo qui, ci piace molto l’atmosfera che si respira.
Verso le 16,00 siamo usciti per visitare un villaggio Ari che si trova nella periferia della città; gli Ari sono la popolazione di maggioranza qui a Jinka.
Gli Ari o Aari che vivono in prossimità dei centri urbani hanno adottato uno stile di vita più occidentale, vanno a scuola e svolgono dei lavori; per trovare qualche villaggio tradizionale bisogna avventurarsi in luoghi sperduti e lontani, in quel caso, se si viene accettati nel villaggio, si possono vedere ancora le case e gli abiti tradizionali di questa etnia.
Non siamo andati alla ricerca dei villaggi tradizionali, anche perché dovremmo percorrere strade secondarie e chissà quanto tempo ci vorrebbe; decidiamo di conoscere gli Ari che ci sono qui a Jinka, è comunque interessante fare un giro per vedere come vive la gente qui.
La nostra guida locale ci accompagna per le vie sterrate del paese e veniamo subito assaliti dai bambini che vogliono prenderci per mano e litigano tra di loro per chi può stare vicino a noi.
Sono molto incuriositi da noi, nonostante siamo in prossimità di Jinka, che è una tappa obbligata in un viaggio nel sud dell’Etiopia, forse non vedono molti turisti bianchi che si addentrano nel villaggio; ci toccano la pelle, vogliono toccarci i capelli, in particolare quelli di Silvan che sono biondi, gli toccano anche i peli delle braccia perché non sono abituati a vederli, solitamente i neri ne hanno pochissimi.
Oggi è domenica e si sente cantare in chiesa, la guida ci dice che la maggior parte degli Ari sono protestanti, ma che a Jinka sono presenti anche diversi cristiani ortodossi e mussulmani.
Nel cortile di una casa vediamo una casa tradizionale, una volta costruivano capanne circolari, i muri venivano edificati con pali di legno che poi venivano ricoperti con il fango, mentre il tetto era in paglia; ora qui le case sono in muratura, più grandi e probabilmente più confortevoli, hanno tutte un giardino dove si trova, tra le altre cose, anche la cucina posizionata sotto a un tetto di paglia rotondo e conico sorretto da pali di legno.
Visitiamo una cucina dove ci sono alcune donne che stanno cucinando la injera, il pane locale che accompagna tutti i piatti della cucina etiope; in Etiopia non si utilizzano le posate, ma si prende un pezzetto di injera, si raccoglie un po’ di cibo e lo si mangia.
Ci fanno provare a cucinare la injera, Silvan si cimenta nell’impresa, alla fine è come fare una grande crepes: bisogna stendere l’impasto in modo circolare partendo dall’esterno; l’impasto viene fatto con il teff, un cereale locale simile al miglio ma con il chicco più piccolo, questo viene macinato, unito all’acqua e fatto fermentare per qualche giorno.
La injera che abbiamo fatto noi non è perfetta e bella come quella delle sciure, ma l’abbiamo assaggiata ed è buona, anche perché l’impasto lo hanno fatto comunque loro.
Proseguiamo il nostro giro ed entriamo in un cortile dove ci sono due donne che producono la grappa, hanno un alambicco artigianale con cui distillano il mais e le foglie di una pianta che non abbiamo capito quale sia; il risultato non è male, il gusto è buono, il vero problema è che questo distillato ha 75 gradi e con il caldo che fa qui è un attimo ubriacarsi.
Camminando lungo una delle strade del villaggio vediamo alcune piante che catturano la nostra attenzione: le piante del caffè, i cui frutti maturano tra settembre e gennaio; il taro, la cassava e la patata dolce, tre tuberi che sono alla base dell’alimentazione di differenti popolazioni in Africa perché sono molto nutrienti, costano poco e sono facili da coltivare; vediamo anche diverse piante di banane, qui hanno quattro tipi di banane, quelle piccole, quelle grandi gialle, quelle bianche e quelle verdi; vediamo anche la pianta del falso banano (false banana) che è endemico dell’Etiopia, si chiama così perché sembra una pianta di banana ma non produce frutti; vediamo anche un albero di moringa le cui foglie vengono fatte essiccare per preparare un decotto.
Andiamo a vedere il laboratorio, se così si può chiamare, di un fabbro; ricicla vecchi utensili di ferro, li scalda finché non diventano incandescenti e poi li batte per realizzare dei coltelli per la carne che vende al mercato; ci impiega circa un’ora per realizzarne uno.
Come ultima cosa andiamo in un cortile dove c’è una donna che sta lavorando l’argilla, sta realizzando un piatto, lavora tutto a mano restando inginocchiata per terra; una volta che il piatto è terminato lo farà essiccare al sole per due o tre giorni e poi lo farà cuocere nel forno per due ore, a quel punto il piatto è pronto per essere venduto al mercato; realizza anche altri oggetti in terracotta, alcuni sono anche dipinti.
Ogni volta che entriamo da qualche parte i bambini ci aspettano fuori, anche un po’ a distanza perché altrimenti li sgridano, ma appena usciamo veniamo assaliti di nuovo; tutti vogliono darci la mano o toccarci.
Ci avviamo verso la nostra macchina e i bambini ovviamente ci seguono, ma quando arriviamo quasi sulla strada principale la nostra guida cerca di fermarli per non farci seguire fino all’auto, ma non c’è stato verso; ci hanno provato in tutti i modi a seguirci, nella speranza che in macchina avessimo delle caramelle o dei biscotti.
Il fatto è che, non mangiandole, noi non abbiamo mai caramelle, soprattutto quelle dolci che potrebbero piacere ai bambini, non sappiamo cosa dare loro e ad un certo punto vediamo che, lì vicino a dove abbiamo parcheggiato, c’è un piccolo negozietto e decidiamo di comprare lì le caramelle.
Quando hanno capito che stavamo comprando le caramelle sono impazziti di felicità, nel mentre sono arrivati bambini da tutte le parti, si spingevano e si accalcavano per avere una caramella; quando riuscivano a prenderla si allontanavano felici, mostrando la caramella a tutti.
E’ stata una scena divertente ma che fa anche pensare a quanto, per alcune persone, la vita sia così semplice che basta una caramella per essere felici.