I Dagomba sono il gruppo etnico dominante nella regione settentrionale del Ghana, sono principalmente agricoltori, ma anche abili pescatori e allevatori, in passato diedero vita ad un potente regno: il Dagbon.
Parlano la lingua Dagbani, che fa parte della lingua Gur, che a sua volta appartiene alla famiglia delle lingue Niger-Congo.
Il popolo Dagomba ha un complesso sistema di tradizioni orali, la storia del popolo stesso viene tramandata oralmente di generazione in generazione; grazie a questi racconti sappiamo che il regno del Dagbonnacque dall’unione del popolo Mussi, abili cavalieri che provenivano da nord, e le popolazioni indigene di lingua Gur.
Una leggenda invece racconta di come fu un cacciatore molto coraggioso a dare origine al popolo Dagomba, Tohadize, il cacciatore rosso; la leggenda racconta che Tohadize provenisse dai territori dell’attuale Mali e fosse esperto nella caccia con arco e frecce, di cui era un vero maestro.
Durante il suo viaggio giunse ad un villaggio, che era stato colpito da una forte siccità; gli abitanti del villaggio non potevano attingere all’acqua del fiume a causa di una creatura, dalle sembianze bovine, che i locali ritenevano essere uno spirito maligno, questa creatura uccideva chiunque si avventurasse al fiume per raccogliere l’acqua.
Tohadize riuscì ad uccidere la creatura con il suo arco e le sue frecce, consentendo così agli abitanti del villaggio di accedere al fiume; da quel momento venne eletto a capo del popolo Dagomba.
Questa leggenda spiega anche una tradizione curiosa del popolo Dagomba: tradizionalmente i capi Dagomba siedono su una pila di pelli, non esiste un trono; inoltre per indicare una persona a capo di un villaggio si dice “seduto sulla pelle di” seguito dal nome del villaggio.
Questa usanza potrebbe derivare proprio dalla pelle della creatura maligna abbattuta dal “cacciatore rosso”.
I Dagomba sono abili agricoltori che sfruttano al massimo il terreno non particolarmente fertile delle loro terre, producono ben 32 varietà di prodotti anche se le colture principali sono il mais, il miglio, il riso, le arachidi e patate dolci.
I terreni, una volta che vengono utilizzati, necessitano di un tempo molto lungo, fino a 3 anni, prima di poter essere utilizzati nuovamente per una coltura, vengono quindi lasciati a maggese e fertilizzati con il letame.
La maggior parte dei lavori agricoli viene svolta dagli uomini, mentre le donne aiutano durante il periodo del raccolto e si occupano degli animali domestici.
Oltre ad essere agricoltori esperti, i Dagomba sono anche un popolo di allevatori, soprattutto di cavalli, e non disdegnano anche la caccia e la pesca.
L’organizzazione sociale dei Dagomba è piuttosto semplice, sonoorganizzati in clan matrilineari retti da capi elettivi, la figura del capo villaggio si riflette anche sulla disposizione del villaggio.
Il villaggio dei Dagomba è infatti suddiviso in quartieri ed al centro si trova la capanna del capo villaggio, solitamente l’uomo più vecchio del villaggio, una capanna tonda a forma di cupola.
Ogni quartiere in cui è suddiviso il villaggio si identifica per la forte specializzazione in un’arte o in un mestiere, si trova ad esempio il quartiere dei fabbri e quello dei macellai.
Le case all’interno del villaggio sono di forma rotonda per i maschi e rettangolari per le donne, una famiglia unisce le case in un agglomerato piuttosto compatto al cui centro si trova uno spazio per cucinare sul fuoco.
Nella società Dagomba il matrimonio è molto importante, le ragazze non possono sposarsi senza il consenso dei genitori e devono rimane illibate, il divorzio è un evento molto raro e i genitori di entrambe le parti spesso intervengono e mediano per far si che i due coniugi non si separino.
Per quanto riguarda la religione, l’Islam, introdotto verso la fine del XVI secolo, è la religione praticata da quasi il 50% della popolazione, anche se viene comunemente influenzato dalle antiche pratiche e credenze animiste.
I Dagomba credono nei poteri spirituali e soprannaturali degli antenati, nei villaggi si eseguono ancora sacrifici per onorare questi spiriti e non è raro che venga praticata la stregoneria o che si consulti un indovino per liberarsi dalle maledizioni.
Esistono numerosi riti tradizionali che vengono ancora praticati dai Dagomba, come i riti per il matrimonio, la morte, la pubertà e la nascita.
Particolarmente importante è la festa che viene celebrata per onorare i propri antenati: la festa Bugun, che significa “fuoco” o “inferno”, è una grande celebrazione, una festa che coinvolge tutta la comunità e che culmina nella riunione di tutte le persone attorno ad un albero con le torce accese mentre recitano i nomi dei loro antenati e gettano le torce infuocate contro l’albero.
La musica è un elemento fondamentale nella vita dei Dagomba, i tamburi e le percussioni non sono solamente uno strumento musicale ma il mezzo per trasferire la conoscenza della storia e delle tradizioni del popolo.
Non esistendo una storia scritta ma solo orale, sono i cantastorie a narrare la storia e le vicende di questa etnia.
I percussionisti godono quindi di uno status sociale particolare e privilegiato, utilizzando i “tamburi parlanti” conservano la storia non solo dell’intero popolo Dagomba ma anche delle relazioni tra le persone all’interno di una città o di un villaggio.