Sulla strada per il Parco Nazionale di Tarangire

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Questa mattina partiamo dopo colazione, ci lasciamo alle spalle la città di Arusha e ci dirigiamo verso sud.

La strada è asfaltata e in perfette condizioni; non c’è traffico, solo qualche fuoristrada da safari, un paio di camion e le moto, che però non si spingono molto fuori città.

Ci sono anche gli immancabili pulmini locali, che qui in Tanzania si chiamano Dala Dala; sono tutti diversi, ognuno con un suo particolare stile, alcuni sono decorati con i nomi delle squadre di calcio inglesi e le foto dei giocatori, altri sono dedicati a qualche film, come ad esempio a “Fast and furious”, altri ancora, forse quelli più curiosi, hanno immagini sacre cristiane e versi del Vangelo, oppure, se il proprietario è mussulmano, hanno frasi che inneggiano ad Allah.

Sono uno dei mezzi più utilizzati dalla popolazione locale, insieme alle moto, e hanno una guida un po’ troppo “sportiva”, a volte i conducenti non hanno nemmeno la patente; solitamente caricano più persone possibili, per guadagnare di più, e i bagagli e le merci vengono posizionati sul tetto, quindi è abbastanza comune vedere pulmini che hanno sul tetto pacchi giganteschi, scatoloni, galline, biciclette e altri oggetti.

Alla nostra destra si trova il Monte Meru, ma, come spesso accade, la sua cima è nascosta dalle nuvole.

Appena usciamo dalla città incontriamo solo qualche villaggio e, dopo qualche decina di chilometri, entriamo nelle terre dei Masai; lo si capisce immediatamente dalla presenza delle mandrie di mucche e capre che pascolano, dai bambini Masai che le sorvegliano e dai somari a bordo strada.

Qua e là ci sono alcuni villaggi tradizionali Masai, con le capanne in fango e il tetto di paglia; alcuni villaggi invece hanno edifici più moderni, Safe, la nostra guida, ci spiega che appartengono a quei Masai che hanno accettato di aderire al programma governativo per lo sviluppo, che prevede la costruzione di scuole per i bambini e un programma per aiutarli a sfruttare meglio le risorse locali, come ad esempio il loro bestiame.

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La strada è panoramica, intorno a noi vediamo solo villaggi e acacie, qua e là le mucche o le capre, che brucano o si abbeverano in un ruscello, che si è formato con le ultime piogge; il paesaggio in questo periodo dell’anno è molto verde e la vegetazione è rigogliosa, è davvero spettacolare.

Quando arriviamo alla deviazione per il Parco Nazionale di Tarangire vediamo tanta gente a bordo strada, c’è un mercato Masai; qui si tiene una volta a settimana, che fortuna essere passati di qui proprio oggi!

Parcheggiamo e scendiamo a fare un giro, ci dicono che è meglio non fare fotografie perché alcuni potrebbero infastidirsi, ma se facciamo foto da lontano non ci sono problemi; quindi lasciamo le nostre macchine fotografiche in macchina e prendiamo solo gli smartphone.

Vendono un po’ di tutto: verdura, frutta, abbigliamento, sandali Masai, fatti con i copertoni delle auto e delle biciclette, collane e altri accessori con cui le donne Masai si addobbano, sia tutti i giorni sia nelle occasioni speciali, oggetti di tecnologia, che ai nostri occhi risulta obsoleta, e tante altre cose.

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In fondo al mercato si trova la zona dove cucinano: utilizzano delle grandi latte di metallo al cui interno si trova la legna, sopra posizionano una grande griglia su cui cucinano la carne di capra; il profumo sembra buono e qualcuno ci invita ad assaggiare la loro cucina, ma preferiamo declinare l’invito.

La cosa divertente è che noi guardiamo loro incuriositi e loro guardano noi con la stessa curiosità; quando incrociamo gli sguardi la maggior parte ci saluta o ci sorride, è divertente e piacevole come sensazione.

Ritorniamo alla nostra macchina e ripartiamo, seguendo le indicazioni per il Parco Nazionale di Tarangire.

La strada sterrata si avventura tra i villaggi Masai e le acacie e, poco dopo, iniziamo a vedere qualche baobab; questi giganteschi alberi sono spettacolari, soprattutto in questa stagione, poiché hanno le foglie, mentre durante la stagione secca sono spogli.

Incontriamo alcuni ragazzi Masai interamente vestiti di nero, con il viso dipinto con disegni geometrici bianchi, sono molto belli da vedere; ci viene spiegato che sono i ragazzi che hanno eseguito da poco la circoncisione rituale.

Ci fermiamo a scattare loro alcune fotografie per le quali vogliono essere pagati; contrattiamo un po’ e poi scattiamo, sono molto belli, non li avevamo mai visti prima.

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Proseguiamo lungo il nostro percorso e ad un certo punto arriviamo ad una sbarra, non è l’ingresso del Parco Nazionale di Tarangire, ma di una zona cuscinetto dove si trovano sia alcuni villaggi Masai sia gli animali selvatici che escono dal parco; si paga per entrare in questa zona e il ricavato serve per risarcire coloro che vengono danneggiati dalla presenza degli animali selvatici, come ad esempio la perdita di un capo di bestiame, poiché ucciso e mangiato da un predatore.

Proseguiamo lungo la strada sterrata, l’unica, e notiamo che in diversi punti è danneggiata, probabilmente le ultime piogge sono state abbondanti e l’hanno rovinata.

Poco dopo arriviamo al Roika Tented Camp Lodge, per due notti resteremo qui, sarà la nostra base per visitare il Parco Nazionale di Tarangire.

Il Roika Tented Camp Lodge è un campo molto bello, le parti comuni sono in legno e le camere sono tende posizionate sopra una struttura sopraelevata in legno, dentro sono spaziose e ben arredate; una delle cose più divertenti è la vasca da bagno che ha la forma di un enorme pellicano.

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