I Kabyè sono un popolo che custodisce e pratica le antiche tradizioni e celebra i riti religiosi e di iniziazione come secoli orsono.
Il popolo Kabyé crede in un essere supremo chiamato Eso, è il dio che crea e al quale appartiene tutta la terra, e tutto ciò che è su di essa; è il padre di tutti gli uomini.
Eso ha dato ordine al mondo con la sua parola, al primo uomo Esotisa, che significa “messaggero di dio”, è stato dato il compito di far conoscere tutte le regole che la divinità ha creato, con lo scopo di regolare il rapporto tra gli individui e di governare la società.
Gli amministratori di queste regole sono i sacerdoti Coco, che discendono del primo uomo, e rappresentano il dio sulla terra; la trasgressione di tali regole compromette l’equilibrio sociale e la trasmissione della vita (fertilità-fecondità).
Eso, a causa della sua immensità, risulta impenetrabile e misterioso a coloro che non hanno il dono della profezia e della divinazione, Eso tuttavia non cessa di agire e di essere presente tra gli uomini.
Quello dei Kabyè è un dio che agisce, direttamente o indirettamente, che perdona ed è anche colui che castiga colpendo con una epidemia, una siccità e con la sterilità.
I Kabyè credono che Eso sia presente in luoghi santi, i diweri, ossia i “luoghi di presenza”, questi luoghi sono solitamente rappresentati dai santuari dei grandi antenati, che hanno avuto il dono della divinazione, e che ora rivestono il ruolo di mediatori tra l’uomo ed il dio creatore.
Questi spiriti, chiamati Akoloma, oltre che ad essere mediatori con dio, sono all’incrocio dei due mondi, umano e divino, e garantiscono le comunicazioni da uno a l’altro dei due mondi.
Nelle credenze dei Kabyè un ruolo importante è rivestito dagli antenati, che sono rispettati e onorati e ai quali sono rivolte offerte cerimoniali.
Gli antenati, Atetena sono letteralmente “coloro che sono nella tomba”, essi guardano gli uomini e sono sempre presenti tra di loro, la morte, infatti, riguarda solo il corpo, mentre l’anima è immortale; la morte non significa, quindi, la cessazione della vita, ma solo il passaggio da una modalità di esistenza ad un’altra.
Al termine del rituale funerario e la realizzazione di una sorta di altare o di una statua nella casa di famiglia, il defunto prende il suo posto nel lignaggio dei suoi antenati, e diventa una sorta di spirito protettore, che assicura la trasmissione della vita alle generazioni future.
I Kabye riconoscono un ruolo importante agli antenati anche nella formazione della società.
Essi vengono ricordati come i precedenti proprietari del terreno e vengono ringraziati annualmente per il contributo che hanno dato allo sviluppo dell’agricoltura nella zona, gli antenati vengono ricordati anche per il lavoro nei campi e una parte dei raccolti viene messa da parte per loro e utilizzata come offerta ed espressione di gratitudine.
Una cerimonia di lutto finisce sempre con una festa, dopo la cerimonia i parenti ancora in vita possono “salutare” i morti e andare avanti la loro vita, questa festa è una cerimonia di addio ai morti.
I Kabye festeggiano il primo anniversario della morte di una persona deceduta, quando questa aveva più di 80 anni quando è morta; questa cerimonia è chiamata la cerimonia del “culto dei fantasmi”.
Questa cerimonia è una grande festa, che può essere molto costosa, e solo le famiglie più ricche possono permettersela; alla cerimonia le donne partecipano portando sulla testa una testa di bue, solitamente si sacrificano le teste di bue ai morti.
Le teste di bue vengono lasciate asciugare all’aria e a volte vengono conservate per un uso successivo, mentre alcune delle nuove teste sacrificate vengono prese dalle donne come ricompensa e cucinate.
I Kabye tramandano anche una leggenda ancestrale sulla creazione dell’uomo.
Secondo la mitologia, il primo uomo Kabye sarebbe disceso direttamente dal cielo presso il villaggio di Lama Dessi, in un luogo esatto, chiamato EYU nahori, che si traduce in “piede d’uomo”.
Sul posto dove si ritiene che il primo uomo toccò la terra oggi c’è un bosco sacro, luogo di pellegrinaggio; i Kabye venerano le impronte del loro primo antenato, che Eso, il dio Kabye, mandò sulla terra.
Le tradizioni raccontano che il primo essere umano era un essere androgino, disceso sulla terra dal cielo; il cielo è visto come una entità maschile, mentre la terra è una entità femminile.
Questo antenato dei Kabye vagava per le pianure e dormiva nelle grotte ma era sempre spaventato dai rumori che sentiva, pensava fossero creature che volevano ucciderlo, per scappare a queste misteriose creature si rifugiò sui monti dei massicci al nord del Togo.
Sui pendii dei monti non dimorò più nelle grotte ma costruì una capanna, questo creò un equilibrio tra la terra e il cielo; da quel momento trovò la pace e fu in grado di dar vita al popolo Kabye, che ancora oggi abita lungo i pendii delle montagne per non alterare il bilanciamento tra terra e cielo.
I Kabye continuano a seguire la tradizione dell’equilibrio; vivono in case che non si trovano nei punti più alti vicino al cielo, qui si trovano i loro antenati nelle tombe, ma vivono invece sulle colline, le valli e i pendii, comprendendo che vivendo vicino alle tombe potrebbero sconvolgere alcuni spiriti erranti, causando danni alle loro famiglie.
Vivono in capanne che quindi risultano sopra al suolo e sotto il cielo, cioè tra il cielo e la terra, creando ancora una volta l’equilibrio tra la parte femminile dell’universo e quella maschile; le grotte vengono destinate ai defunti, che abitano con il loro corpo la terra ma con lo spirito il cielo, anche qui si ritrova l’equilibrio universale.
I Kabye credono anche nella stregoneria e a questa sono legati alcuni tabù e regole come ad esempio il divieto di pagare con i soldi i servizi delle persone.