I Kabyé sono un popolo dell’Africa Occidentale che abita le montagne della catena dell’Atacora, nel nord del Togo; alcuni Kabye si trovano in Benin e in Ghana.
I Kabyé sono principalmente noti per la loro agricoltura a terrazze, questo popolo di coltivatori è infatti anche chiamato “contadini di pietre”, questo soprannome è stato dato loro in riferimento ai loro campi, costruiti su terrazze, supportati da pareti in pietra che evitano il dilavamento del suolo.
I kabyé sono una società patrilineare, principalmente dedicata all’agricoltura di sussistenza, che pratica ancora cerimonie e riti di iniziazione tradizionali.
Anche la costruzione delle abitazioni e dei villaggi avviene ancora seguendo le regole tradizionali.
Ogni villaggio è costruito nei pressi di un baobab che fornisce utili alimenti ricchi di proteine, inolre all’ingresso del villaggio vengono sempre collogati feticci protettivi.
Fuori dalla capanna del capovillaggio vengono posizionati dei feticci e al centro del cortile interno si trova un luogo tabù che è vietato calpestare.
Questo popolo costruisce le proprie case, chiamate sokala, sui pendii delle montagne, il luogo non è casuale ma rispecchia alcune credenze e tradizioni dei Kabyè.
In passato le montagne offrirono ai Kabye il luogo ideale dove rifugiarsi e difendersi dalle incursioni dei regni schiavisti, le alture erano infatti più facilmente difendibili, anche se questo non fu sufficiente ad evitare del tutto a questo popolo di essere vittima dell’impero schiavista del Dahomey.
Questo è uno solo dei motivi per cui i Kabye costruivano, e costruiscono tuttora, i loro villaggi sui pendii delle alture; esiste anche un motivo legato alle credenze spirituali che vengono utilizzare per decidere la posizione dove costruire le case.
I Kabye pensano che il mondo terreno e quello spirituale debbano essere in perenne equilibrio per poter vivere e prosperare.
La tradizione vuole che il primo uomo sulla terra, Kumberito, vagò per anni tra pianure e valli, che rappresentano la parte materiale della vita, ma scelse di costruire il proprio rifugio sui monti ma non sulla cima, poiché la posizione vicina al cielo rappresenta la parte spirituale della vita, ed era destinata ai defunti che fungono da collegamento tra il mondo spirituale e la vita terrena.
Ancora oggi, rispettando quella ricerca di equilibrio, i Kabyè costruiscono le proprie case sulle pendici dei monti, a metà strada tra cielo e terra; mentre la parte alta delle cime dei promontori è dove si trovano le tombe degli antenati, che non devono essere disturbati, per evitare che gli spiriti causino danni alle famiglie.
La casa deve poi essere costruita “fuori dalla terra” ossia edificata su di essa ma non utilizzando grotte ed insenature, questo sempre per garantire l’equilibrio di essere sopra al suolo e sotto il cielo.
Gli insediamenti dei Kabyè, i sokala, sono costituiti da più capanne, collegate le une alle altre in cerchio, al centro racchiudono un cortile che non ha sbocchi sull’esterno.
Ogni edificio infatti ha le pareti collegate alla capanna successiva, così si ha la creazione di un recinto intorno al cortile principale a cui si accede da un piccolo vestibolo, che rappresenta l’unico punto di accesso al complesso abitativo.
Ogni complesso è abitato da una sola famiglia ed è costituito da una casa per il marito e una casa per ognuna delle sue mogli, sono presenti inoltre vari edifici di stoccaggio, un granaio e una cucina.
Sono presenti delle nicchie dove le statue degli antenati vengono conservate e venerate con piccole offerte e sacrifici, mentre un feticcio vudù protegge l’ingresso al complesso abitativo.
Le donne Kabyè sono abili artigiane e producono ceramiche tradizionali, questa antica pratica femminile è ancora oggi molto praticata; con i frammenti e i cocci delle ceramiche le donne Kabyè decorano le loro abitazioni realizzando disegni ornamentali sul pavimento.
L’organizzazione sociale ha una struttura socio-politica piuttosto semplice, esiste una gerarchia basata su un sistema di gruppi di età, i più anziani guidano le decisioni, bilanciando tre aspetti fondamentali: la vita comunitaria, la vita mistica e l’evocazione degli antenati.
Le comunità Kabyè sono organizzate in due gruppi: i maschi e le femmine.
Ogni gruppo ha un ruolo rituale nella comunità ed entrambi sono responsabili per alcune cerimonie, in base sia al grado, all’età e al periodo in cui vengono celebrate; questo perché la stagione delle piogge è considerata la stagione femminile mentre la stagione secca è considerata la stagione maschile.
Questo da vita a differenti cerimonie, ad esempio durante la stagione femminile ,o delle piogge, i gruppi di maschi si cimentano in rituali per “asciugare” temporaneamente la stagione delle piogge, allo stesso modo i gruppi di femmine eseguono una cerimonia di fertilità che bilancia la stagione secca maschile.
A volte i gruppi sono misti, quindi composti da maschi e femmine, i maschi a volte svolgono ruoli “femminili”, proprio come le donne possono assumere ruoli “maschili”; le prestazioni di un individuo in un ruolo particolare è il fattore determinante della cerimonia.
Si ritrova il mito dell’equilibrio anche nella capacità di concepire un figlio: ad esempio il consumo di birra di sorgo, considerato un prodotto femminile, aiuta e stimola nel maschio la capacità di avere figli, allo stesso modo il consumo di porridge, prodotto maschio, migliora la capacità riproduttiva delle donne.