I Kabyè sono un popolo dell’Africa Occidentale che si è stabilito nel nord del Togo, in Benin e il Ghana e parlano la lingua Kabye, un linguaggio Gur Voltaic, appartenente alla più grande famiglia delle lingue Niger-Congo.
I Kabyè rappresentano il secondo gruppo etnico del Togo, con oltre il 12% della popolazione, e hanno come centro principale la città di Kara.
Si stima che i Kabye siano in tutto 730.000 individui, di cui poco meno di 700.000 in Togo, 30.000 in Benin e un piccolo numero in Ghana.
La storia di questo popolo risale al diciassettesimo secolo quando i Kabyè si rifugiarono sulle catene montuose del Togo settentrionale nel tentativo di sfuggire ai raid degli imperi schiavisti.
Durante quel periodo i villaggi erano spesso oggetto di violente irruzioni da parte dei regni di Dahomey e degli Ashanti che erano sempre alla ricerca di schiavi, per questo motivo molte comunità si ritirarono verso le montagne, dove era più facile nascondersi e difendersi.
Nonostante questa fuga dai regni schiavisti, sembra che il popolo Kabye fosse anch’esso coinvolto nel commercio degli schiavi a livello regionale regionale, pare addirittura che fossero gli stessi Kabye a vendere i propri parenti, forse nel tentativo di mantenere la stabilità sociale e non subire le conseguenze delle incursioni schiaviste, che potevano risultare molto più violente.
Terminato il periodo delle incursioni della tratta degli schiavi i Kabye si dedicarono all’agricoltura con notevole successo, tanto che oggi sono conosciuti per le loro abilità e conoscenze nel coltivare una terra non particolarmente fertile come quella del Togo settentrionale.
Il periodo coloniale tedesco costrinse molti Kabye a lavorare alle infrastrutture di cui il paese, il Togoland, necessitava, quali strade e ferrovie.
In tempi più recenti la regione dei Kabyè ha visto migliorare sensibilmente le infrastrutture grazie all’ex presidente del Togo che era di etnia Kabye, Gnassingbé Eyadema.
I Kabye sono abili contadini che riescono ad ottenere buoni raccolti da una terra dura e arida, costruiscono terrazzamenti per migliorare la qualità dei campi e aumentare la produzione.
Storicamente sono anche buoni artigiani fabbri, producono oggetti d’uso quotidiano e per l’agricoltura battendo il ferro; le capanne adibite ad altoforno sono piccole e contengono un grosso braciere, dove il fuoco viene mantenuto vivo attraverso l’utilizzo di mantici.
Tutto il lavoro viene svolto con la forza dell’uomo, il compito è diviso tra tre uomini che lavorano coordinati: uno è addetto ai mantici, uno si occupa di porre il ferro nel fuoco e successivamente di collocarlo su una grossa pietra per essere battuto, l’ultimo uomo del team batte il ferro rovente utilizzando una grossa pietra, il tutto a mani nude e avvolti da un calore intenso.
Le donne si occupano di altre attività, si occupano della produzione di oggetti di ceramica, dello sfruttamento dei prodotti della terra, cucinandoli o vendendoli nei mercati, così come si occupano del commercio degli oggetti in ferro.
I villaggi sono composti da case sparse nel territorio e circondate dai campi che coltivano, la singola unità familiare è costituita da più capanne unite tra loro in cerchio che racchiudono un cortile interno.
Un solo accesso permette di entrare nel complesso abitativo che risulta essere autosufficiente e ben protetto.
Le pratiche religiose sono riconducibili al vudu, i feticci sono presenti all’ingresso delle abitazioni e le cerimonie che vengono celebrate sono numerose, così come le offerte e i sacrifici che vengono effettuati per ottenere il beneficio degli spiriti ancestrali.
Nella cultura Kabye i riti di iniziazione sono molto importanti, sia quelli femminili sia quelli maschili, il più importante è l’Evala, una forma di lotta tradizionale che viene intrapresa dai ragazzi.
I ragazzi imparano a lottare quando sono molto piccoli e questa sorta di wrestling diventa ben presto una disciplina importante nella loro educazione; quando raggiungono il loro diciottesimo compleanno, possono partecipare alle gare di lotta; un ragazzo deve competere per tre anni consecutivi, prima che possa essere considerato un uomo.
Ogni anno nel mese di luglio i giovani si riuniscono nella città del Togo settentrionale di Kara per competere in una gara di lotta della durata di una settimana, un grande festival accompagnato da riti e danze.
Un altro evento importante è lo Sinkaring, la festa del raccolto.
Durante questa festa i ragazzi devono mostrare la loro forza e resistenza, dimostrando di poter difendere la propria comunità; è un momento di festa e di celebrazione per la buona riuscita del raccolto.