La storia del Benin dall’indipendenza ad oggi

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Costituitosi in Repubblica autonoma il 4 dicembre 1958, con il nome di Repubblica del Dahomey, il Paese si diede una propria Costituzione il 15 febbraio 1959 e il 30 maggio dello stesso anno entrò a far parte del Consiglio dell’Intesa insieme alla Costa d’Avorio, al Niger e all’Alto Volta, oggi Burkina Faso.

Infine il 1º agosto 1960 il Dahomey raggiunse la piena indipendenza e adottò una nuova Costituzione, firmata il 26 novembre 1960; la vita del nuovo Stato fu però travagliata da ricorrenti crisi politiche: nell’ottobre 1963 il governo del presidente Hubert Maga venne rovesciato da un colpo di stato militare che portò al potere il generale Nicéphore Soglo, a sua volta deposto nel dicembre 1967 da unità paracadutiste guidate dai maggiori Kouandété e Kérékou.

Questi predisposero un ritorno al governo civile istituendo, il 7 maggio 1970, un Consiglio Presidenziale formato dal triumvirato Maga, Apithy, Ahomadégbé, ma, nel 1972, un colpo di stato militare consentì a Mathieu Kérékou di diventare capo dello Stato.

Nel 1975 Kérékou proclamò l’adozione della via marxista-leninista e diede alla Repubblica del Dahomey l’odierna denominazione di Repubblica Popolare del Benin.

Nel 1979 venne eletta l’Assemblea Nazionale sulla base di una lista unica di candidati che, nel 1980, scelse come presidente della Repubblica lo stesso Kérékou.

La lunga parentesi del regime instaurato da Kérékou, con il concorso del Partito della rivoluzione popolare (PRPB) entrò in crisi sul finire degli anni Ottanta, nonostante ancora nel 1989 il presidente venne confermato nella carica dall’Assemblea nazionale rivoluzionaria.


Spia evidente dell’insofferenza verso il dilagare della corruzione era già stato il tentativo di colpo di stato attuato nel 1988 da un gruppo di ufficiali e la situazione precipitò alla fine del 1989 quando, in seguito a una vasta contestazione, che portò alla paralisi dell’amministrazione, delle scuole e dell’università, il PRPB fu costretto a rinunciare all’ideologia comunista e ad avviare un processo di liberalizzazione.

Nei primi mesi del 1990 una Conferenza delle forze vive della nazione, pur mantenendo Kérékou nell’incarico, nominò primo ministro Soglo, già al potere dal 1963 al 1967, abrogò la vecchia Costituzione, sciolse l’Assemblea nazionale rivoluzionaria e istituì un Alto Consiglio della Repubblica.

Questo, assunte le funzioni di Assemblea legislativa provvisoria, varò una nuova Costituzione democratica, che venne approvata con referendum nel dicembre 1990.

Le elezioni generali, svolte nel marzo 1991, confermarono la svolta e Soglo, vincitore, sostituì il vecchio dittatore nella carica di capo dello Stato.

Le decisioni, soprattutto quelle economiche, del presidente Soglo furono però vivacemente contestate e gli furono mosse accuse, non infondate, di nepotismo, tanto che le elezioni del 1996 lo videro sconfitto nei confronti di Kérékou che venne nuovamente eletto presidente della Repubblica.

Le scelte economiche contestate al suo predecessore erano però ormai inevitabili e anche Kérékou fu costretto a impopolari decisioni in questo campo.

Nel febbraio 1998, il malessere della popolazione sfociò in una dura protesta contro il governo, che fu costretto a ridefinire il programma di spesa pubblica.

Kérékou e Soglo si candidarono anche alle elezioni del 2001: Soglo però, accusando la parte avversa di brogli elettorali, si ritirò consegnando la vittoria al presidente in carica.

Nel marzo del 2006 Kérékou concluse il suo secondo e ultimo mandato come presidente del Benin e con esso anche la sua carriera di leader del Paese durata circa 33 anni; al suo posto venne eletto presidente Thomas Boni Yayi, che venne rieletto nuovamente nel 2011.

Alle ultime votazioni, in marzo del 2016, venne eletto presidente Patrice Talon, un uomo d’affari che opera nel mercato del cotone; sostenitore e finanziatore delle due campagne elettorali di Thomas Boni Yayi, si è presentato alle votazioni con una lista indipendente.

Patrice Talon è nato a Ouidah ed appartiene all’etnia Fon.

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