Laetoli è un importante sito archeologico situato all’interno della Ngorongoro Conservation Area, si trova a nord ovest del lago Eyasi e a circa 45 km a sud di Olduvai, l’altro sito archeologico della Tanzania.
Non lontano da Laetoli si trova il Sadiman, un vulcano oggi spento, ma molto attivo circa 4 milioni di anni fa, quando, durante le sue eruzioni, emetteva una nube di cenere composta di carbonatite, che si andava a depositare sul territorio circostante.
A Laetoli sono stati rinvenuti numerosi resti fossili, ma la scoperta più sensazionale rimane però quella fatta nel 1976 dall’archeologa e paleoantropologa inglese Mary Leakey, che trovò le impronte di due ominidi.
Le impronte rinvenute, e arrivate intatte fino ai giorni nostri, sono state datate 3,75 milioni di anni fa e si sono formate grazie ad una combinazione fortunata, ossia le ceneri del vulcano coprirono una vasta area che fu poi colpita da piogge che resero il terreno simile a una specie di fanghiglia su cui gli animali e gli ominidi camminavano lasciando le loro impronte impresse, nei giorni successivi queste impronte si indurirono al sole.
Le successive eruzioni del vulcano Sadiman permisero di “sigillare” le impronte, proteggendole delle intemperie e dagli agenti atmosferici.
Il rinvenimento di numerosi resti e di molteplici impronte fossili di animali e di ominidi ha reso Laetoli un luogo famoso presso gli archeologi che lo hanno soprannominato Footprint Tuff ossia la “Valle delle orme”.
Le impronte rinvenute, probabilmente di Australopiteci Afarensis, sono molto nette e ben marcate e indicano, senza ombra di dubbio, che i due individui camminavano abitualmente in posizione eretta, e non a quattro zampe.
Questa testimonianza, di più di 50 orme che si estendono per 23 metri, di sicura bipedia è cronologicamente datata a ca. 3,75 milioni di anni fa.
Da quello che si è appreso dallo studio delle impronte, gli ominidi camminavano appoggiando l’intera pianta del piede e non ci sono segni delle tacche lasciate dalle nocche delle mani.
Altre importanti indicazioni sono emerse dallo studio delle impronte: i piedi non avevano l’alluce mobile ma l’alluce sta bene allineato, non sporge di lato, come l’alluce di una scimmia antropomorfa, inoltre questi ominidi avevano l’arco sottoplantare tipico dell’uomo moderno.
La morfologia esterna è la simile alla nostra con un tallone ben formato, un’arcata ben sostenuta e i polpastrelli delle dita.
Il sito è stato successivamente ricoperto da terra per preservare queste impronte ma i calchi delle stesse sono essere visti nel vicino Museo di Olduvai.
Recenti studi hanno poi avanzato l’ipotesi che le impronte non siano di ominidi, ma di individui già appartenenti alla specie Homo Erectus; ma questa è una delle teorie che ancora devono essere comprovate.