La storia e le migrazioni del popolo Makonde

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Oggi i Makonde vivono principalmente nel nord del Mozambico e nel sud della Tanzania, mentre qualche piccolo gruppo vive in Kenya; hanno una scarsa interazione con le altre popolazioni e mantengono vive le proprie tradizioni culturali.
 
Uno dei motivi del loro isolamento e mancanza di integrazione con gli altri popoli limitrofi va ricercato nella loro storia.
 
Originariamente il territorio dei Makonde era nel nord del Mozambico, nella pianura che si estende vicino al fiume Ruvuma; successivamente si spostarono sul Mueda Plateau in Mozambico e in Tanzania.
 
La ragione di questi spostamenti migratori risiede nel fatto che nelle pianure vicino al fiume c’era un’elevata concentrazione di zanzare della malaria, di mosche tze tze, che portano la malattia del sonno, inoltre nelle acque vi era la bilharziosi; quindi una situazione difficile da sostenere dal punto di vista sanitario.
 
Ma i problemi legati alla salute non furono l’unica causa, la migrazione del popolo Makonde è avvenuta anche per scappare dal popolo Ngoni che razziava le loro terre e imprigionava i Makonde per poi rivenderli ai mercanti di schiavi.
 
L’altopiano dove si sono rifugiati, il Mueda Plateau, costituisce una difesa naturale, con le sue dense boscaglie, dagli attacchi e dai tentativi di invasione da parte di altri gruppi etnici e li ha protetti per un lungo periodo dai colonizzatori occidentali; ma questo ha contribuito al loro isolamento culturale.
 
I primi contatti con gli europei avvennero infatti solo verso la fine del 1800, quando i Makonde si scontrarono prima con i portoghesi presenti in Mozambico e in seguito con i tedeschi che occuparono l’odierna Tanzania.
 
Una drammatica carestia li ha colpiti nel 1915 e molti di loro persero la vita anche a seguito di violente epidemie di vaiolo e influenza spagnola, malattie portate dai colonizzatori.
 
Durante la prima guerra mondiale gli inglesi conquistarono la Tanzania, che all’epoca si chiamava Africa Orientale Tedesca, in seguito ribattezzata Tanganika, e cercarono di imporre il loro dominio e il loro regime fiscale anche ai Makonde.
 
I Makonde si opposero alla dominazione britannica e al pagamento delle tasse, riuscendo nel loro intento mantennero l’indipendenza dalla corona inglese ma questo fece guadagnare loro l’appellativo di “popolo ribelle” e li chiuse ancor di più nel loro isolamento.
 
Durante i loro spostamenti migratori si ritiene che i Makonde entrarono in contatto, anche se superficialmente, con altre popolazioni e le loro usanze ne hanno risentito in parte; hanno fatto loro alcune tradizioni tipiche delle popolazioni del bacino del Fiume Congo come l’uso di maschere e la danza sui trampoli.
 
Alcuni racconti narrano che, una volta giunti sull’altopiano i Makonde incontrarono dei nani; molto probabilmente trovarono alcuni pigmei; ancora oggi, osservando attentamente i Makonde è possibile riscontrare in alcuni di essi i tipici tratti somatici dei pigmei; probabilmente quando li incontrarono li accettarono e li integrarono nei loro villaggi.
 
Un gruppo di Makonde subì più di tutti gli altri l’influenza da una cultura esterna e si tratta di coloro che si insediarono più vicino alla costa; in questa zona erano presenti i mercanti arabi di schiavi che, non solo li reclutarono per catturare prigionieri presso le altre popolazioni per il mercato degli schiavi, ma li fecero convertire all’Islam.
 
Ancora oggi la maggior parte dei Makonde vive isolata e preserva e pratica molte delle usanze tribali e culturali.
 

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