Ci troviamo ad Arbaminch, in Etiopia, nei giorni scorsi abbiamo visitato la Valle dell’Omo ed è stata un’esperienza a dir poco spettacolare.
Ora ci troviamo un po’ più a nord ma anche in queste terre vivono alcune popolazioni molto interessanti da incontrare: oggi abbiamo avuto il piacere di incontrare i Konso.
Da Arbaminch percorriamo la strada asfaltata che abbiamo fatto ieri arrivando da Jinka e, dopo circa 85 km, raggiungiamo la cittadina di Karat-Konso, già in territorio Konso, dove oggi si trova un grande mercato, che si tiene tutti i lunedì e tutti i giovedì.
Lo attraversiamo in macchina, procedendo piano, anche perché ci sono compratori e venditori ovunque, inoltre è sempre divertente vedere la frenesia e la confusione, sentire i profumi e le voci di un mercato africano.
Ci fermiamo a bordo strada e sale in macchina con noi un ragazzo che sarà la nostra guida locale nel villaggio dei Konso, si chiama Kashale, e, ovviamente, è un Konso; il suo inglese è davvero perfetto e lui è molto gentile, ci vede molto interessati e così inizia a raccontarci molte cose.
Arriviamo in prossimità del villaggio Konso di Mecheke, svoltiamo e prendiamo una strada secondaria e poco dopo arriviamo ad uno spiazzo sterrato e parcheggiamo.
Scendiamo dall’auto e seguiamo la nostra guida lungo un sentiero.
Il villaggio di Mecheke è molto grande, in pratica è una piccola cittadina; qui infatti vivono circa 3000 persone, suddivise in 10 comunità, ma alcuni villaggi Konso arrivano ad ospitare fino a 8500 persone.
I villaggi dei Konso sono circondati da mura in sasso che in passato venivano costruite per difendere sia gli abitanti sia il bestiame dagli attacchi di altre tribù; se il villaggio si espandeva venivano costruite nuove mura più esterne e le mura più vecchie venivano mantenute, quindi quando si visita un villaggio Konso è possibile capire la sua espansione nel corso dei secoli.
Le mura di un villaggio Konso hanno fino a 4 ingressi che appositamente vengono costruiti stretti, in questo modo, in caso di attacco dei nemici, questi erano costretti ad entrare nel villaggio uno alla volta, dando tempo ai guerrieri Konso di organizzarsi e contrattaccare.
All’interno del villaggio ogni famiglia ha il suo compound che è racchiuso e protetto da un muro di cinta, realizzato con legni e sassi; nel compound si trova una casa per ogni moglie, ogni uomo può avere al massimo 2 mogli, ma se è ricco può averne anche di più.
Sempre nel compound sono presenti altre costruzioni come il granaio, che si riconosce perché è sollevato da terra per proteggere le scorte alimentari, e la cucina che si trova in una capanna adibita solamente per la preparazione dei pasti.
L’accesso al compound avviene attraverso un piccolo varco nel recinto, anche in questo caso il motivo delle ridotte dimensioni è per difendere gli occupanti del compound da eventuali attacchi.
Ci addentriamo nel villaggio e percorriamo gli stretti vialetti di pietra che serpeggiano tra i compound e le altre strutture presenti nel villaggio; non è facile orientarsi poiché i vialetti sono irregolari e il villaggio è davvero grande.
Mentre camminiamo incontriamo qualche abitante del villaggio che ci saluta felice, la guida gli dice che siano qui per conoscere la loro cultura e loro ci ringraziano e ci fanno sentire a casa, qualcuno si mette anche in posa per essere fotografati e poi ridono divertiti.
Nel villaggio sono presenti alcune strutture comuni, una specie di terrazze sopraelevate realizzate in legno e coperte con un tetto in paglia, qui dormono i ragazzi dopo aver compiuto i 12 anni, ma solamente i maschi, mentre le ragazze non sono ammesse in questo luogo; qui vengono ospitati anche coloro che si recano in visita al villaggio, negli ultimi anni anche qualche viaggiatore è stato accolto in questi luoghi.
Durante il giorno in questo luogo si trovano gli anziani che dirimono le discussioni e risolvono i problemi; gli anziani controllano anche i bambini che vengono lasciati qui dai genitori che si recano nei campi a lavorare o conducono il bestiame al pascolo, come se fosse una sorta di asilo o come se gli anziani fossero i nonni dei bambini dei villaggi.
Gironzolando per il villaggio vediamo, in un compound, delle curiose statue di legno, la nostra guida ci spiega che sono le statue funerariema che vengono realizzate solamente per gli eroi e per i capi dei clan.
La statua di legno, che si chiama waka, raffigura il defunto; le statue funerarie non sono tutte uguali: nel caso dell’eroe, viene raffigurata, oltre alla sua persona, anche tutta la sua famiglia, sia le mogli sia i figli, oltre al nemico che egli ha sconfitto, sia che sia un uomo o un animale; nel caso del capo clan invece è presente solo la statua del capo clan, senza la famiglia.
Proseguendo il nostro percorso ad un certo punto arriviamo in una specie di piazza dove è presente un alto fascio di legni, probabilmente è stato preparato per celebrare il Meskelnei prossimi giorni; qui si trovano alcune donne che indossano uno strano copricapo, sembra una parrucca fatta a uncinetto, è curiosa e attira la nostra attenzione e le donne si mettono in posa sorridendo e aspettando una fotografia, come non accontentarle!
Quando usciamo dalle mura di cinta ci fermiamo ad osservare il villaggio per renderci conto di tutto il lavoro che è stato fatto per costruirlo ed è davvero impressionante.
Intorno al villaggio di Macheke si trovano i campi coltivati dai Konso, un sistema di terrazze costruite nel corso dei secoli per poter sfruttare i terreni collinari e per impedire l’erosione del terreno stesso in seguito alle piogge stagionali; le terrazze dei Konso sono state dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 2011.
In ogni campo non si trova una sola coltura ma diverse e questo risponde a una precisa strategia: piantando differenti colture qualcosa cresce sempre anche in condizioni climatiche avverse, inoltre differenti colture non impoveriscono il terreno come farebbe una unica.
Salutiamo la nostra guida Konso, è davvero un ragazzo in gamba ed è stato un perfetto padrone di casa; saliamo in auto e torniamo verso Arbaminch.
Mentre passiamo attraverso Karat-Konso e il suo mercato e per tutta la durata del viaggio non possiamo non commentare la meravigliosa esperienza che abbiamo appena vissuto; i Konso hanno molti aspetti della loro cultura e della loro organizzazione socialeche ci hanno affascinato.