Il mercato tribale di Key Afar

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Ci troviamo a Key Afar, nel sud dell’Etiopia, e qui tutti i giovedì si tiene un grande mercato tribale, è molto importante per i locali e sono quattro le differenti tribù che si recano qui per vendere o comprare: i Banna, gli Hamer, gli Tsemay e gli Aari.

Stamattina abbiamo visitato un villaggio del Kara (o Karo) e, visto che quando siamo arrivati a Key Afar è ora di pranzo, Jimmy ci porta in un posticino locale; noi abbiamo il nostro box lunch ma compriamo da loro da bere, siamo gli unici turisti e alcune persone del logo si avvicinano perché sono curiosi di capire da dove arriviamo.

Mentre pranziamo arrivano anche alcuni venditori per venderci dei bracciali realizzati con le cartucce dei proiettili; alcuni sono lisci, altri sono decorati, alcuni più leggeri altri più pesanti.

Alla fine ne compriamo 3 lisci dal primo ragazzo che si è avvicinato a noi, un po’ perché è arrivato per primo e un po’ anche perché era il più gentile; in cambio lui ci regala un anello sempre fatto con i proiettili.

Nel mentre facciamo conoscenza della nostra guida, si chiama Shelon, ci dice che si chiama così perché sua mamma viveva in montagna quando lui è nato e quella montagna si chiama proprio Shelon.

Chiediamo, sia a lui sia al ragazzo dei braccialetti, se vogliono tutto quello che non riusciamo a mangiare, come l’uovo sodo, le patate e anche un po’ di papaya, e loro sono felici di questo gesto.

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Dopo aver terminato il pranzo ci avviamo a piedi con Shelon, facciamo un breve tratto seguendo la strada principale e poi prendiamo una vietta secondaria, che ci porta dove si trova un grande spiazzo dove c’è il mercato.

Per visitare il mercato è obbligatorio essere accompagnati da una guida locale che è in grado di interloquire con le persone che, ovviamente, non parlano inglese, inoltre è in grado di riconoscere le differenti etnie e può raccontare aspetti molto interessanti di queste popolazioni.

I venditori e i compratori restano qui al mercato tutto il giorno e spesso si fermano a dormire qui prima di fare ritorno ai loro villaggi.

Shelon ci dice che possiamo tranquillamente scattare fotografie di insieme, ma se vogliamo fare la foto a una persona dobbiamo pagare 5 Birr, che corrispondono a circa 0,30€, beh direi che si può fare, non sono affatto esagerati come in altre parti del mondo.

Apro una parentesi su questo tema che mi sta particolarmente a cuore: molti turisti si lamentano del fatto di dover pagare per scattare le fotografie alle persone e le definiscono veniali e poco “genuini”; onestamente io credo che non sia divertente vedersi puntare in faccia la macchina fotografica tutti i giorni e sentirsi dire “Puoi sorridere? Ti metti a favore di luce? Guardi in camera?” e se a questo aggiungiamo anche il fatto che, mediamente, loro hanno una vita di sussistenza, mentre noi visitatori abbiamo un tenore di vita decisamente superiore al loro, io credo che fanno bene a chiedere un compenso o che, in alternativa, non vogliano essere fotografati; alla fine noi siamo ospiti a casa loro e non possiamo pretendere di prevaricarli e fotografarli come se fossero animali allo zoo.

Appena arriviamo al mercato incontriamo i Banna e gli Hamer, queste due popolazioni non sono molto facili da distinguere perché, sia le donne sia gli uomini hanno caratteristiche simili, che possono trarre in inganno.

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Le acconciature delle donne sono molto simili, hanno un caschetto di treccine sottili, la differenza principale è che le donne Hamer hanno i capelli rossi, poiché li trattano con ocra, acqua, resina o burro, mentre le donne Bannali tengono del loro colore naturale.

Differiscono anche per gli accessori che indossano, le donne Hamer hanno dei collari di metallo che identificano il loro stato civile e anche se sono la prima o la seconda o terza moglie; mentre le donne Banna indossano collane colorate ma, apparentemente, non hanno un significato particolare.

Le donne Tsemay invece indossano principalmente degli accessori di pelle su cui vengono applicate una serie di conchiglie, ma a volte anche le donne Hamer e Banna indossano questi accessori.

Gli uomini Banna hanno una particolare predilezione per gli accessori coloratiche si mettono in testa, utilizzano sia delle fasce realizzate con i corallini colorati, sia mollette ed occhiali di plastica; sono soprattutto i ragazzi che devono ancora sposarsi che si decorano il capo in questo modo e questo per apparire più attraenti agli occhi delle ragazze, ai nostri occhi invece sembrano un po’ buffi e kitsch.

Senza la nostra guida però non saremmo in grado di distinguere le varie tribù, poiché a volte le persone hanno adottato accessori e stili di altre tribù e quindi non è semplice capirlo a un primo sguardo.

Al mercato vendono un po’ di tutto.

Una zona abbastanza estesa è riservata a chi vende frutta e verdura e altri alimenti; solitamente sono le donne che fanno le venditrici.

Incontriamo un piccolo gruppo di Tsemay che vendono il miele grezzo, una delle attività principali di questo popolo costituisce proprio nell’allevamento delle api per produrre il miele.

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Ci avviciniamo per scattare qualche fotografia e loro ci offrono il miele da assaggiare, è decisamente molto buono anche se diverso dal miele a cui siamo abituati.

Vediamo alcune donne che vendono una cosa che non riusciamo a identificare cosa sia, sembra qualcosa di essiccato, ma non ne capiamo l’origine.

La nostra guida ci spiega che fanno essiccare la buccia che si trova intorno al chicco di caffè, che costituisce uno scarto di produzione, e poi la usano per fare un infuso; ci chiediamo se sia buono ma non abbiamo modo di scoprirlo, forse è meglio così.

Dopo aver fatto il giro delle bancarelle del mercato tradizionale, Shelon ci porta in una via appartata dove c’è molta gente, sono tutti seduti per terra, nell’aria c’è un odore acre; stanno tutti bevendo la birra di sorgo e mais, ma è differente dalla birra di sorgo che abbiamo bevuto in Sudafrica dagli Zulu o in Togo dai Bassar, questa sembra pastosa e molto forte.

Alcuni hanno anche delle foglie di tabacco, ma non le arrotolano per farne sigarette o sigari, preferiscono masticarle oppure lo fanno essiccare, lo sbriciolano e lo sniffano.

Proseguiamo il nostro giro e passiamo nella zona dove vendono pentole e accessori vari per la cucina, qui si trovano anche machete e coltelli vari; attraversiamo questa parte del mercato meno interessante, per poi arrivare nella zona dei souvenir; qui veniamo assaltati da una serie di ragazzi che cercano di vendere statue, cestini e altri oggetti.

Sono molto carini ma cercano di vendere a tutti i costi, alla fine ci siamo praticamente solo noi ed è ovvio che siano tutti qui.

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Alla fine prendiamo due statue che rappresentano una coppia Hamer e due che rappresentano una coppia di Mursi; sono belle ma inizialmente ci hanno sparato delle cifre troppo alte, ovviamente dobbiamo trattare e ovviamente lo faccio io perché mi diverte, ma anche perché Silvan si fa sempre intenerire troppo.

Finiamo per giocarci l’ultimo sconto, stiamo parlando di 50 Birr, ovvero 1,5 €, a pari o dispari; troppo divertente, intorno a noi si è radunato quasi tutto il mercato per vedere cosa succede e tutti si divertono.

Terminiamo il nostro giro e siamo stanchi perché fa veramente troppo caldo, meno male che ci siamo portati l’acqua, anche se oramai è diventata calda; chiediamo a Jimmy se viene a prenderci qui anziché tornare al bar, così ci risparmiamo un po’ di strada sotto il sole.

Saliamo in macchina e torniamo a Turmi, la capitale degli Hamer e dove si trova il nostro hotel; è stata una bella ed interessante esperienza visitare questo mercato.

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