Il Museo dell’apartheid di Johannesburg in Sudafrica ha aperto nel 2001 ed è dedicato alla storia del Sudafrica del XX secolo e all’ascesa e la caduta del regime dell’apartheid.
La realizzazione del museo è costata 80 milioni di Rand, è stato interamente finanziato dal consorzio Akani Egoli, lo stesso che ha realizzato il vicino Gold Reef City.
Il Museo dell’apartheid ospita al suo interno tre esposizioni.
Le esposizioni del museo dell’apartheid di Johannesburg in Sudafrica:
- L’esposizione permanente dedicata all’ascesa e al declino del regime dell’apartheid nel XX secolo in Sudafrica
- L’esposizione dedicata a Nelson Mandela
- Alcune esposizioni temporanee sempre legate al tema dell’apartheid
L’esposizione permanente del Museo dell’apartheid a Johannesburg in Sudafrica
L’esposizione permanente del Museo dell’apartheid di Johannesburg inizia già fuori dall’edificio del museo, subito dopo la biglietteria; l’esposizione è costituita da un mix di testimonianze ed istallazioni che comunicano in modo diretto e immediato, grazie al linguaggio universale dell’arte.
Il Sudafrica è riuscito a conquistare la libertà e la pace dopo secoli di colonialismo e dopo 40 anni di regime dell’apartheid, è stato un cammino difficile e doloroso ma il paese è riuscito a conquistare la democrazia; l’esposizione permanente racconta questo percorso dai giorni più bui alla nascita del nuovo Sudafrica.
Subito dopo la biglietteria alla nostra destra si trova un piccolo laghetto con un muro di cemento bianco dove è stata riportata una frase di Nelson Mandela: “Per essere liberi non basta liberarsi dalle catene, ma è necessario vivere in un modo che rispetti ed incrementi la libertà altrui” “To be free is not merely cast off one’s chains, but to live in a way that respect and enhances the freedom of others”; questa è solamente una delle varie frasi di Mandela che vengono riportate all’interno del museo e che esprimono il pensiero e la filosofia di Nelson Mandela.
Da questo punto in poi si incontrano una serie di istallazioni che accompagnano i visitatori alla scoperta di cosa ha significato l’apartheid in Sudafrica, di come viveva la popolazione, di cosa comportava nella quotidianità e di come il paese sia riuscito a lasciarsi alle spalle un periodo così tragico.
Le istallazioni dell’esposizione permanente del Museo dell’Apartheid di Johannesburg
- I Pilastri della Costituzione – The Pillars of Constitution
- La classificazione della razza – Race Classification
- I viaggi – Journeys
- Segregazione – Segregation
- Apartheid
- Lo scoppio della Violenza – The Turn to Violence
- La vita durante l’apartheid – Life under Apartheid
- La crescita della Consapevolezza Nera – The Rise of Black Consciousness
- Le esecuzioni politiche – Political Executions
- Il significato del 1976 – The Significance of 1976
- Attacco violento totale – Total Onslaught
- Le radici del compromesso – Roots of Compromise
- La liberazione di Mandela – Mandela’s Release
- Sull’orlo – On the Brink
- Negoziazione di un accordo – Negotiating a Settlement
- Le elezioni del 1994 – 1994 Election
- La presidenza di Mandela – Mandela’s presidency
- La commissione per la verità e la riconciliazione – The Truth and Reconciliation Commission (TRC)
- La nuova Costituzione – The New Constitution
- Un posto di riconciliazione – A Place of Healing
I Pilastri della Costituzione – The Pillars of Constitution
I pilastri della costituzione, come svela il nome dell’istallazione, rappresentano i valori fondamentali su cui si basa la costituzione della Repubblica del Sudafrica dopo la fine dell’apartheid; negli anni dal 1994 al 1996 in Sudafrica il primo parlamento eletto democraticamente ha dato vita all’Assemblea Costituente per redigere la nuova costituzione del paese.
Alla base della Costituzione del Sudafrica ci sono sette valori che sono rappresentati con sette enormi pilastri di cemento armato e su ognuno di questi è stata riportata l’iscrizione del valore stesso: Democrazia, Parità, Riconciliazione, Diversità, Responsabilità, Rispetto e Libertà (Democracy, Equality, Reconciliation, Diversity, Responsibility, Respect, Freedom); i pilastri della costituzione sono visibili già dall’esterno del muro di cinta in mattoni rossi del Museo dell’apartheid e si trovano prima dell’ingresso del primo edificio del museo, proprio accanto al laghetto con la frase di Mandela.
La classificazione della razza – Race Classification
L’istallazione della classificazione della razza è una di quelle che mi ha colpito di più di tutto il Museo dell’apartheid di Johannesburg.
Sui biglietti d’ingresso del museo, in modo del tutto casuale, viene stampata la replica dei cartelli che venivano utilizzati durante il periodo dell’apartheid per identificare i luoghi, i percorsi, i servizi, ecc. che erano riservati ai bianchi o ai non-bianchi: il sistema di segregazione e discriminazione era stato studiato per far sì che i percorsi dei bianchi non incontrassero mai quelli dei non-bianchi, lo stesso valeva per ogni luogo o servizio.
L’istallazione della classificazione della razza rappresenta, in scala ridotta ovviamente, la separazione tra bianchi e non-bianchi: in base al cartello che è raffigurato sul proprio biglietto, cartello che viene assegnato casualmente ci tengono a specificarlo, il visitatore entra nell’istallazione dalla porta dove si trova il cartello corrispondente e non può, teoricamente, accedere dall’altra porta.
Una volta all’interno del piccolo edificio si vedono una serie di oggetti, documenti, cartelli che indicavano i luoghi dedicati ai bianchi o ai non-bianchi durante l’epoca dell’apartheid; quello che però è più evidente è che i percorsi delle persone che entrano dai due ingressi non si incontrano mai e a fatica si vedono coloro che sono entrati dall’altro ingresso rispetto al proprio.
Vederlo e viverlo, anche se in una istallazione, è davvero toccante ed è incredibile pensare che in epoca recente l’intero Sudafrica aveva questa separazione in ogni luogo del paese; ci è già capitato in passato di vedere qualche cartello dell’epoca che è stato conservato per non dimenticare, ma vivere questa esperienza è stato molto più impattante.
La classificazione delle razze, stabilita nel 1950, era il fondamento di tutte le leggi dell’apartheid, i gruppi etnici in cui venivano categorizzate le persone erano quattro: bianchi (white), nativi o neri (native or black), colorati (coloured) e asiatici (asian).
I documenti di identità erano lo strumento principale con cui le persone venivano assegnate a un gruppo raziale piuttosto che a un altro: qui si possono vedere diverse carte di identità dei bianchi e i passbook dei non-bianchi, questi erano una sorta di passaporto che era necessario per poter entrare nelle zone destinate ai bianchi.
I viaggi – Journeys
Usciti dalla istallazione della classificazione della razza ci si trova in un cortile stretto e lungo e un po’ in salita, i muri sono fatti di filo di ferro e sassi; qua e là ci sono degli specchi con raffigurate delle persone, sia sul fronte sia sul retro dello specchio, che sembrano camminare tutti nella stessa direzione che è la stessa direzione in cui deve camminare il visitatore.
Questa istallazione rappresenta la migrazione di molte persone, provenienti da diverse parti del Sudafrica e del mondo, verso Johannesburg quando, nel 1886, qui venne trovato l’oro e serviva manodopera nelle miniere.
Nelle foto sugli specchi sono stati raffigurati i nipoti e i pronipoti di alcuni di coloro che si trasferirono a Johannesburg in quel periodo; ci sono persone appartenenti a diverse razze che camminano tutte insieme, come una società multietnica, alla ricerca di un lavoro e nella speranza di un futuro migliore.
Ed era proprio questo mix di razze e culture che la segregazione e l’apartheid volevano evitare, per scongiurare l’ipotesi di avere una società multirazziale e multiculturale.
Sul lato destro del cortile si aprono una serie di nicchie che raccontano una serie di eventi che sono accaduti nel passato del Sudafrica da quando qui si trovavano i khoisan, poi l’arrivo dei bantu e il conflitto con gli indigeni, l’arrivo degli europei e la perdita delle culture e delle lingue locali che venivano tramandate solo oralmente e che si sono inevitabilmente smarrite.
Sono stati molto bravi a realizzare le istallazioni poiché sono di facile e immediata comprensione ma lasciano al visitatore l’elaborazione del messaggio che l’istallazione vuol comunicare; in questo modo la raffigurazione è neutra, non prende una posizione schierata, che potrebbe causare dissapori tra la gente.
Alla fine dell’istallazione I viaggi si arriva a una terrazza da cui si ha una vista su Johannesburg, da qui si scendono delle scale e si arriva in un grande ingresso dove inizia l’esposizione all’interno dell’edificio; sempre qui nell’atrio vendono una serie di oggetti per beneficienza e io ho comprato un bellissimo bracciale con i colori e le decorazioni degli Zulu.
Il percorso del museo prosegue, l’esposizione permanente riesce a raccontare quanto è successo solamente attraverso l’utilizzo di immagini, fotografie, oggetti e istallazioni; il messaggio è comprensibile da chiunque ma ogni visitatore riesce a interpretarlo a livello personale e a farlo suo, in questo modo l’impatto è molto più forte.
Segregazione – Segregation
Nel 1910 il Sudafrica venne unificato per la prima volta in una unica nazione: l’Unione del Sudafrica; vennero riunite infatti le provincie inglesi e le provincie boere per costituire un unico stato.
I governanti di questa nuova nazione erano tutti bianchi, mentre alla maggioranza della popolazione nera non solo venne negato il diritto di accedere alle cariche pubbliche, ma venne negato anche il diritto di voto, così come venne negato alle donne.
La segregazione razziale divenne ufficiale e sarà la base su cui verrà istituita, negli anni a seguire, l’apartheid; i due politici che architettarono e misero in pratica la segregazione furono Jan Smuts e J. B. M. Hertzog.
La politica della segregazione non venne accettata di buon grado da alcune parti della popolazione che manifestarono e protestarono, tra questi il South African Native National Congress, che successivamente diventerà l’ANC, i minatori che scioperarono più volte dal 1913 al 1922, e l’ICU, la prima organizzazione nera per il commercio; la maggior parte di queste proteste vennero soppresse con la forza.
In questa istallazione si vedono alcuni mezzi blindati e altri oggetti che vennero utilizzati per reprimere le proteste.
Apartheid
L’Apartheid venne istituita nel 1948 e dal 1949 al 1971 vennero emanate una serie di leggi, 148 per la precisione, che riguardavano ogni aspetto della vita delle persone; la prima legge emanata nel 1949 proibiva i matrimoni misti (Proibition Mixed Marriages Act).
Nella istallazione è esposta una lista di leggi oltre a una serie di immagini che raccontano la vita dei sudafricani durante il periodo dell’apartheid; vengono anche esaminati i motivi sociali e politici che portarono alla nascita dell’apartheid, come alcune parti della popolazione bianca che viveva in una condizione di povertà o il nazionalismo Afrikaner.
Infine vengono mostrati anche i primi gruppi di resistenza all’apartheid, ma anche i trasferimenti forzati di parte della popolazione, che venne allontanata dalle zone abitate dai bianchi e vennero trasferite nelle aree che vennero denominate township; il trasferimento forzato fu uno dei temi centrali dell’apartheid.
Lo scoppio della Violenza – The Turn to Violence
Tra il 1959 e il 1960 ci fu un’ondata di violenza in diverse città del Sudafrica e nel marzo 1960 a Sharpeville la polizia aprì il fuoco contro una folla di dimostranti che protestavano contro alcune leggi che erano state approvate; in quello che è conosciuto come il Massacro di Sharpeville il bilancio fu di 69 morti e circa 180 feriti.
A questo evento seguirono diverse manifestazioni in diverse parti del paese e questo portò all’abolizione delle organizzazioni che si opponevano al governo, come l’ANC (African National Congress) e il PAC (Pan Africanist Congress); da questo momento in poi queste due organizzazioni divennero clandestine ed entrambe crearono una sezione che divenne il loro braccio armato: Umkhonto we Sizwe o MK legato all’ANC e Poqo legato al PAC.
Da questo momento in poi sia Umkhonto we Sizwe sia Poqo hanno iniziato ad organizzare attentati contro il governo dell’apartheid, il loro principale obiettivo era quello di lanciare un messaggio forte e, per raggiungere i propri intenti, divennero colpevoli di una serie di eventi e di morti, anche tra i civili.
Nel 1964 la maggior parte dei leader di entrambi i gruppi armati vennero arrestati e in seguito condannati e imprigionati, soprattutto in seguito al processo più famoso di quel periodo: Processo di Rivonia (Rivonia Trail) che si tenne nel 1963 e 1964.
La vita durante l’apartheid – Life under Apartheid
Gli anni ’60 furono un decennio di boom economico e di prosperità per i bianchi sudafricani, mentre i neri sudafricani videro consolidarsi dell’apartheid e delle sue leggi razziste e segregazioniste; in pratica si vennero a creare due nazioni che viaggiavano in direzioni opposte e che, anche per legge, non avevano alcun punto in condivisione.
Alcune foto esposte in questa istallazione vennero bandite in Sudafrica negli anni ’60 e, solamente quando venne aperto il Museo dell’Apartheid, sono state finalmente esposte al pubblico.
L’autore di questi scatti è Ernest Cole, un fotografo nero e uno dei migliori fotografi di reportage della sua generazione; con le sue fotografie racconta cosa significasse negli anni ’60 essere nero durante il governo di Hendrik Frensch Verwoerd, il primo ministro del Sudafrica conosciuto anche come l’architetto dell’apartheid.
Cole lasciò il Sudafrica verso la fine degli anni ’60 e raccolse le sue foto in un libro che pubblicò con il titolo House of Bondage, ossia La casa della schiavitù che in Sudafrica venne censurato.
Una curiosità Ernest Cole in realtà si chiamava Kole ma cambiò il cognome in Cole per essere riclassificato da nero a coloured, questo gli consentì di avere qualche diritto in più.
I ghetti – The Homelands
In Sudafrica vennero create dieci ghetti con l’obiettivo di relegarvi le persone nere e “ripulire” così il Sudafrica; venne così attuato un piano di sgombri di massa forzati.
L’idea era quella di assegnare e traslocare le persone nere in un determinato ghetto in base alla loro etnia di appartenenza con la falsa promessa di concedere una sorta di indipendenza ai vari ghetti e, così facendo, trovarono il modo di abolire ogni diritto ai neri in Sudafrica.
Dal 1960 al 1994 più di 3 milioni e mezzo di persone sono state costrette a trasferirsi nei ghetti, vennero espropriate delle loro terre che vennero vendute a basso prezzo ad agricoltori e allevatori bianchi.
Nei ghetti era difficile vivere e trovare un lavoro quindi molti furono costretti a spostarsi presso le città sudafricane per lavorare.
La crescita della Consapevolezza Nera – The Rise of Black Consciousness
Una prima grande sfida all’apartheid venne attuata dalla nuova generazione di ragazzi neri nati negli anni ’60 e che vennero ispirati dall’opera di Stephen Biko che fondò il Black Consciousness Movement, BCM o Movimento per la coscienza Nera quando era uno studente di medicina.
Il BCM aveva l’obiettivo di porre le basi per l’emancipazione dei neri e di sollevare l’orgoglio nero in modo che potessero far valere i loro diritti.
Stephen o Steve Biko venne ucciso nel 1977 poiché era diventato una minaccia troppo forte per l’apartheid ma molti ragazzi portarono avanti le sue idee e il suo impegno.
Le esecuzioni politiche – Political Executions
Durante gli anni dell’apartheid si verificarono una serie di esecuzioni politiche che vennero fatte passare come suicidi in carcere, quando invece, in molti casi, in realtà questi oppositori del governo sono stati torturati fino a provocare loro la morte.
La maggior parte degli episodi di tortura e di uccisioni avvenne nella prigione di Pretoria; solo in seguito alcuni suicidi vennero riconosciuti come uccisioni politiche.
L’istallazione che rappresenta le esecuzioni è molto cruda: molti cappi di corda pendono dal soffitto.
Il significato del 1976 – The Significance of 1976
Il 16 giugno 1976 è una pietra miliare della storia del Sudafrica e della lotta all’apartheid: in quel giorno infatti a Soweto ci fu una manifestazione pacifica da parte degli studenti che protestavano contro la legge che voleva imporre l’utilizzo esclusivo della lingua afrikaans in tutte le scuole, anche quelle frequentate dai neri.
La polizia reagì violentemente per fermare la manifestazione, sparò ad altezza uomo e vennero uccisi più di 600 ragazzi e molte persone vennero ferite, ma, da quel momento in poi la sudditanza dei neri ai bianchi terminò ed iniziarono a insorgere proteste e manifestazioni in tutto il paese.
Inoltre anche il resto del mondo prese coscienza di quello che stava succedendo in Sudafrica e la dura realtà della segregazione e dell’apartheid non potè più essere ignorata.
Da quel momento fino al febbraio 1990 i giovani divennero la prima linea nella lotta all’apartheid.
Oltre alle foto relative alla protesta del 16 giugno 1976, è stato esposto uno dei mezzi blindati della polizia, che vennero utilizzati per cercare di osteggiare le varie manifestazioni e proteste.
Attacco violento totale – Total Onslaught
Gli anni ’80 sono stati caratterizzati dall’esplosione di disordini senza precedenti da parte di civili e studenti e nel 1983 centinaia di movimenti antiapartheid si riunirono e diedero vita al UDF o United Democratic Front.
Questa fu la risposta all’azione del presidente Botha che adottò una “strategia totale” per coordinare l’azione militare e politica e, proprio nel 1983, per contrastare la crescente azione di protesta dei neri, invitò gli indiani e i coloured ad entrare in parlamento, creando per loro una terza camera, oltre alle altre due già presenti riservate solamente ai bianchi.
Due anni dopo nacque il COSATU o Congress of South African Trade Unions, il potente sindacato sudafricano molto attivo ancora oggi; sia l’UDF sia il COSATU si dichiararono contrari al razzismo e appoggiarono pubblicamente gli obiettivi dell’ANC.
Le foto e le grafiche presenti in questa installazione mostrano la crescente lotta all’apartheid sia all’interno del Sudafrica sia a livello internazionale; il governo rispose con nuovi metodi di repressione e nuove riforme anche se una grande parte della popolazione bianca del Sudafrica iniziò ad interrogarsi in merito alla moralità dell’apartheid.
A livello internazionale si diffuse lo Slogan “Free Nelson Mandela” e si formò un movimento trasversale che coinvolse diverse nazioni, aziende, cantanti e altri personaggi pubblici che aiutarono a smuovere le coscienze.
Le radici del compromesso – Roots of Compromise
Un importante momento di svolta nella storia del Sudafrica si è verificato negli anni dal 1987 e il 1990; in questi anni sono stati fatti notevoli passi avanti verso un futuro di pace, anche se non tutti gli episodi accaduti furono pacifici.
Nel 1987 una potente organizzazione non governativa ebbe un meeting a Dakar con l’ANC, mentre nel 1988 Nelson Mandela, che era ancora rinchiuso in carcere, mandò un invito al governo del Sudafrica per iniziare un negoziato per porre fine all’apartheid.
Nel 1989 un movimento di massa democratico e antirazzista crebbe e scese in piazza a manifestare, nello stesso anno cinque condannati all’ergastolo durante il Processo di Rivonia vennero rilasciati, mentre il 1° maggio del 1989 David Webster, un antropologo che era un attivista antiapartheid, venne ucciso dagli squadroni della morte del governo dell’apartheid.
Una svolta importante avvenne nell’agosto del 1989 quando Frederik Willem de Klerk subentrò a Pieter Willem Botha come presidente del Sudafrica e modificò la linea dura tenuta dal suo predecessore.
Ben presto De Klerk, schiacciato anche dalla pressione internazionale, decise, dopo pochi mesi dalla sua elezione, che l’unica cosa da fare era di rilasciare Nelson Mandela e di dichiarare legali i vari partiti politici che in passato erano stati dichiarati illegali, tra cui l’ANC (African National Congress), il PAC (Pan Africanist Congress), il SACP (South African Communist Party) e altre organizzazioni politiche.
Nel 1991 l’UDF (United Democratic Front), che era nato con l’obiettivo di veder riconosciuta la legalità dei vari partiti politici contrari all’apartheid, venne sciolto poiché il suo scopo venne finalmente raggiunto.
Sempre nel 1991 vennero revocate una serie di leggi razziali come il Group Areas Act, che prevedeva la separazione dei territori destinati ai bianchi e ai non-bianchi; il Population Registration Act, che prevedeva che la popolazione del Sudafrica venisse classificata e registrata in base alla loro razza; il Land Act, che prevedeva da un lato che i bianchi non potevano acquistare le terre dai neri e viceversa e, dall’altro, aboliva la mezzadria, questa legge in pratica privò i neri, che spesso erano mezzadri, di una terra da coltivare.
La liberazione di Mandela – Mandela’s Release
L’11 febbraio 1990 è una data storica nella storia del Sudafrica, quel giorno infatti Nelson Mandela venne rilasciato dalla prigione di Victor Verster, dopo 27 anni di reclusione.
Il rilascio di Mandela avvenne pochi giorni dopo che il Presidente F.W. De Klerk dichiarò legali tutti i partiti politici che erano stati precedentemente dichiarati fuori legge, questo fece automaticamente decadere i presupposti dei capi di accusa di Mandela.
Nell’istallazione si può vedere il filmato originale del rilascio di Nelson Mandela.
Sull’orlo – On the Brink
Quando i vari partiti politici, come l’ANC, il PAC, il SACP e le altre organizzazioni politiche vennero riconosciute come legali nel febbraio 1990 il Sudafrica si trovò sull’orlo di un precipizio.
A un lato vi era il rischio di scontri e di vuoto di potere che poteva portare all’anarchia, dall’altro un doloroso processo di negoziazione e compromessi non facile da ottenere senza ripercussioni e vendette.
Questa istallazione documenta l’instabilità e l’incertezza di quel periodo; alcuni schermi proiettano video dei principali attori politici di quel periodo e gli eventi che si sono verificati tra il febbraio 1990 e l’aprile 1994, vengono proiettati anche diversi episodi di violenza che si sono verificati in quel periodo, episodi che hanno fatto da sfondo alla negoziazione tra le parti.
In questo periodo di transizione si stima che morirono circa 14.000 persone, molti di più di quelli che morirono nei precedenti 40 anni; tra l’ANC (African National Congress) e il IFP (Inkatha Freedom Party) ci furono diversi episodi di violenza che vennero a volte sedate da una terza parte, mentre alcuni estremisti di destra fecero esplodere una bomba alla vigilia delle elezioni del 1994.
Nell’esposizione si vedono alcune delle armi che vennero utilizzate in quegli anni di violenza senza confine.
Negoziazione di un accordo – Negotiating a Settlement
La negoziazione di un accordo non fu un processo veloce anche perché la situazione era tutt’altro che semplice, troppe le parti in causa, tutte su posizioni lontane le une dalle altre con il rischio che il paese potesse finire in una spirale di violenza incontrollabile e senza fine.
Il primo passo che venne fatto fu la firma del National Peace Accord nel settembre del 1991 nel tentativo di fermare il dilagare degli episodi di violenza che si stavano verificando nel paese; il National Peace Accord era in pratica un codice di condotta che venne firmato da tutti i partiti e dalle forze dell’ordine.
La firma di questo accordo aprì formalmente una negoziazione multipartitica che, non senza fatica, discussioni, prese di posizione, interruzioni e riprese, riuscì a transitare il paese verso le elezioni del 1994.
Nel museo è esposta una bozza di questo accordo così come si possono vedere immagini e scene della guerra civile che interessò il paese nel periodo dal 1990 al 1994.
Le elezioni del 1994 – 1994 Election
Il 27 aprile 1994 si tennero le prime elezioni democratiche in Sudafrica, le prime elezioni in cui anche i non-bianchi e le donne avevano diritto al voto, potevano quindi esprimere il proprio parere e decidere il proprio futuro; c’era un’euforia diffusa soprattutto tra coloro che avevano osteggiato l’apartheid.
Code chilometriche di persone in attesa di votare sono state immortalate in diverse fotografie che sono esposte in questa istallazione; impossibile non soffermarsi ad ammirarle e pensare cosa hanno rappresentato quelle votazioni per tutti coloro che hanno subito ogni forma di discriminazione negli anni precedenti.
Le elezioni durarono quattro giorni e molti aspettarono pazienti per tutto questo tempo il loro turno per votare; votò l’86,9% della popolazione del Sudafrica, circa 20 milioni di persone.
Le elezioni si svolsero in un clima pacifico in tutto il paese.
L’esito dei seggi decretò la vittoria dell’ANC con il 63% dei voti, il NP (National Party) ottenne il 20% e l’IFP l’11%.
La presidenza di Mandela – Mandela’s presidency
Le elezioni del 1994 in Sudafrica sono state viste da molti come un miracolo: hanno rappresentato uno dei rari esempi in cui la popolazione colonizzata ha preso il potere nella sua terra di origine senza una guerra civile o senza interventi da altre nazioni.
Il primo governo democratico del Sudafrica venne creato dando spazio a tutte le fazioni politiche: il National Party e l’IFP ebbero un ruolo attivo, inoltre un quarto dei membri dl parlamento, per la prima volta nella storia del paese, erano donne.
Il 10 maggio 1994 Nelson Mandela, all’età di 75 anni, divenne il primo presidente eletto democraticamente, dopo 3 secoli e mezzo di colonialismo.
La commissione per la verità e la riconciliazione – The Truth and Reconciliation Commission (TRC)
Nel luglio del 1995 il parlamento approvò una legge che autorizzò la costituzione della Commissione per la verità e la riconciliazione; la commissione divenne operativa nel dicembre del 1995 e venne presieduta dall’arcivescovo Desmond Tutu.
L’obiettivo principale della commissione era quello di promuovere la riconciliazione tra le parti e tra le singole persone e perdonare gli orrori e i soprusi dell’apartheid attraverso il riconoscimento dei propri errori.
In particolare i compiti della commissione furono tre: scoprire quali diritti umani erano stati violati nel periodo dal 1960 al 1994; identificare le vittime della discriminazione e che erano disposte ad accettare una riparazione; consentire l’amnistia a tutti coloro che erano disposti a confessare i propri reati e il proprio coinvolgimento politico.
La Commissione per la verità e la riconciliazione ascoltò la testimonianza di circa 21.000 vittime, di queste circa 2.000 apparvero in una udienza pubblica; il governo dell’apartheid risultò essere l’entità che più di altri violò diversi diritti umani.
La nuova Costituzione – The New Constitution
In questa istallazione su un muro sono stati scritti i valori che sottostanno alla nuova costituzione del Sudafrica; una delle costituzioni più progressiste al mondo e una delle più democratiche.
In realtà questa è una istallazione dove i visitatori vengono invitati a interagire: al centro si trova una struttura di vetro che contiene una pila di pietre, i visitatori vengono invitati a prendere una pietra dalla parte destra e posizionarla in cima a una pila di pietre che si trova a sinistra, questa pila continua a crescere e simboleggia l’impegno di ogni visitatore nella lotta al razzismo, ai pregiudizi, alla discriminazione.
Questa è la ragion d’essere del Museo dell’Apartheid di Johannesburg: chiedere ai suoi visitatori un impegno concreto nella lotta contro il razzismo, la discriminazione e i pregiudizi affinché non si verifichino più orrori come quello dell’apartheid.
Nell’istallazione sono presenti i nuovi simboli della Repubblica del Sudafrica: la nuova bandiera e il nuovo inno nazionale, unico inno al mondo che contiene strofe in cinque lingue differenti.
Un posto di riconciliazione – A Place of Healing
Il viaggio che il visitatore compie all’interno del Museo dell’apartheid di Johannesburg lo porta fino al centro dell’oscurità e del male per poi uscire nuovamente alla luce; è un viaggio emozionante che è stato costruito appositamente per far vivere, a livello personale, un’esperienza toccante e per far si che chiunque si senta chiamato in causa e agire per far si che orrori del genere non succedano più.
Il percorso termina fuori dalle mura del museo, nei giardini illuminati dal sole, questo vuole essere un luogo dove i visitatori possano rilassarsi ma anche riflettere sull’esperienza appena vissuta.
L’esposizione dedicata a Nelson Mandela del Museo dell’Apartheid a Johannesburg in Sudafrica
Oltre alla esposizione permanente dedicata alla storia dell’apartheid e di quello che ha significato per la popolazione del Sudafrica, nel Museo dell’apartheid di Johannesburg si trova anche una esposizione dedicata a Nelson Mandela, al suo operato e alla sua vita che, inevitabilmente è legata a doppio filo alla storia del Sudafrica.
Questa esposizione è stata realizzata in occasione del centenario della nascita di Nelson Mandela e nessuno è stato in grado di dirci se fosse una esposizione temporanea o se sarebbe diventata permanente; speriamo che diventi permanente poiché, oltre ad essere molto interessante, è anche molto ben realizzata e contiene diverse opere artistiche.
Vi si trovano tante fotografie, prime pagine di giornali, molti oggetti appartenuti a Mandela o che simboleggiano alcuni eventi importanti della sua vita; le istallazioni ripercorrono alcuni discorsi di Nelson Mandela e il suo ruolo fondamentale nella lotta all’apartheid.
Nelson Mandela ha avuto un ruolo centrale nella lotta all’apartheid sin dagli anni ‘40 del ventesimo secolo quando iniziò a teorizzare un nuovo approccio di nazione, lo sforzo che fece per sensibilizzare le persone e a portarle a reagire per un futuro migliore, fino alla creazione dell’Umkhonto we Sizwe, il braccio armato dell’ANC negli anni ’60 e infine la cattura, la condanna e l’incarcerazione, durata 27 anni, per aver combattuto per liberare il paese dal giogo della segregazione e del razzismo.
Negli anni ’90 Nelson Mandela ha guidato le negoziazioni che hanno portato alla fine dell’epoca dell’apartheid e alla nascita di un nuovo Sudafrica di cui divenne il primo presidente, costruendo una nazione nuova sopra le ceneri e i frammenti del conflitto.
Le istallazioni dell’esposizione dedicata a Nelson Mandela del Museo dell’Apartheid di Johannesburg:
- Character
- Comrade
- Leader
- Prisoner
- Negotiator
- Statesman
Il carattere – Character
Nelson Mandela è un personaggio che ha ispirato milioni di persone, non solo in Sudafrica, in parte per il suo operato ma anche per il suo carattere e le sue qualità come la compassione, il coraggio, l’integrità e la speranza.
Sin da bambino il carattere e la determinazione di Mandela erano già molto evidenti, alcuni eventi della sua infanzia lo forgiarono e lo hanno reso l’uomo che è diventato.
Il Compagno – Comrade
Quando si unì ai suoi giovani compagni dell’ANC (African National Congress), personaggi come Oliver Tambo, Walter Sisulu e Anton Lembede, Nelson Mandela credeva che la lotta per la libertà dovesse essere guidata solamente dai neri africani.
In quel tempo vi era un certo sospetto nei confronti delle altre razze e anche nei confronti del Partito Comunista; queste sue posizioni di non larghe vedute in futuro cambiarono.
Il Leader – Leader
Nelson Mandela lasciò il segno non solo in Sudafrica, ma a livello internazionale, indifferentemente dal colore della pelle o dalla razza, gli vengono riconosciute le qualità di leader.
Oliver Tambo disse di Nelson Mandela: “Ha un naturale istinto di autorità, ha un magnetismo sulle folle, è nato leader; è una figura chiave per il suo pensiero, per la pianificazione e per ideare nuove tattiche”.
“He has a natural air of authority. He cannot help magnetising a crowd. He is a born mass leader; a key figure in thinking, planning and devising new tactics.” Oliver Tambo
Il Prigioniero – Prisoner
Fino a quando non venne rilasciato dalla prigione nel febbraio 1990, la vita di Nelson Mandela fu una vita di continue privazioni.
Prima venne giudicato come un criminale e quindi trascorse un periodo della sua vita a scappare e a nascondersi e, successivamente, quando venne catturato venne condannato all’ergastolo e venne imprigionato.
Ma nonostante questo Mandela e i suoi compagni riuscirono a superare tutti questi ostacoli anche quando erano incarcerati a Robben Island.
Il Negoziatore – Negotiator
L’obiettivo principale di Mandela era di portare il regime dell’apartheid a un tavolo di negoziazione; l’utilizzo delle armi era solamente tattico ma non era il suo obiettivo primario.
Dopo aver trascorso 27 anni in prigione Nelson Mandela gestì la negoziazione della sua scarcerazione e gettò le basi per un Sudafrica democratico e non più razzista e sessista.
Lo statista – Statesman
Il 10 maggio 1994, dopo tre secoli e mezzo di colonialismo e di apartheid, decine di migliaia di persone si riunirono difronte allo Union Buildings di Pretoria per assistere alla proclamazione di Nelson Rolihlahla Mandela primo presidente del Sudafrica democraticamente eletto.
Le esposizioni temporanee del Museo dell’Apartheid a Johannesburg in Sudafrica
All’interno del Museo dell’Apartheid di Johannesburg, oltre alla esposizione permanente e alla esposizione dedicata a Nelson Mandela per il centenario della sua nascita, si trovano anche alcune mostre temporanee.
Il tema principale di queste esposizioni temporanee solitamente è la storia recente del Sudafrica o tematiche contemporanee e l’obiettivo è di fornire spunti di riflessione e di discussione e dialogo.
Informazioni utili per visitare il Museo dell’Apartheid di Johannesburg
Il Museo dell’Apartheid è aperto tutti i giorni dalle 09:00 alle 17:00, eccetto il giorno di Natale, Capodanno e il Venerdì Santo, che in Sudafrica si chiama Good Friday ed è festa nazionale.
Il Museo dell’Apartheid si trova a Johannesburg all’incrocio tra la Northern Parkway e la Gold Reef Road nel quartiere di Ormonde; c’è un parcheggio a disposizione di chi si reca qui in auto, l’ingresso del parcheggio è in comune con quello del Casinò di Gold Reef City, inoltre qui si trova una fermata del Citysighting Bus.
L’ingresso al Museo dell’Apartheid costa 100 Rand, è previsto un biglietto di ingresso scontato per i pensionati, gli studenti universitari e per i bambini a 85 Rand
Per ulteriori informazioni sul Museo dell’Apartheid di Johannesburg questo è il link ufficiale del museo: Apartheid Museum di Johannesburg