I rituali maschili dei Kabye: la lotta Evala e le Kondona

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Il rituale di iniziazione più importante nella società dei Kabye è rivestito dall’Evala, una lotta rituale, una sorta di wrestling, che segna il passaggio dei giovani maschi alla fase di maturità.

In passato i combattimenti, che potevano durare anche diverse ore, erano praticati utilizzando un chicotte, ossia una specie di frustino e un bastone, con questi due oggetti gli avversari si affrontavano colpendosi l’un l’altro fino a quando uno di loro non cedeva, sfiancato dai colpi ricevuti.

Quando cadeva, il presunto vincitore si precipitava su di lui e si sedeva sul suo petto, solo in quel momento l’arbitro dichiarava la fine del gioco e il relativo vincitore.

Questo sistema di gare di lotta ha avuto inizio per risolvere i conflitti inter-tribali, la lotta sostituiva quindi le guerre tra tribù; oggi invece l’organizzazione delle lotte rituali ha anche un aspetto più di festa e, ad ogni celebrazione, viene creato un magnifico spettacolo.

L’Evala è un rito iniziatico, il penultimo dei riti nella vita di un uomo, è sicuramente il più importante e, per prepararsi a questo appuntamento, i giovani vengono separati dalle loro famiglie per una settimana, vivono in capanne speciali, in cui vengono nutriti e vengono preparati mentalmente.

I giovani affrontano anche una preparazione che comporta numerosi sacrifici che l’adolescente deve accettare: il digiuno, l’astinenza sessuale e la scarificazione.

Prima di iniziare il wrestling, i partecipanti devono compiere un pellegrinaggio, che consiste nello scalare tre monti; coloro che non completano il pellegrinaggio verranno iniziati all’età adulta.

Prima della gara ogni famiglia in competizione esegue alcuni riti di culto ancestrale, invocano gli spiriti degli antenati che dimorano nelle statue di creta poste nel cortile dei complessi abitativi, ogni statua rappresenta un antenato.

L’anziano della famiglia parla con le statue d’argilla come se stesse parlando con un membro della famiglia vivente, invoca gli antenati che abitano nella creta, e versa una libagione come offerta.

Il sacrificio è parte della cerimonia e le numerose piume che ricoprono le statue di creta sono il risultato di questi ripetuti atti di culto.

Per i grandi eventi come l’Evala, le statue di argilla vengono rimosse rispettosamente e con cura dalle loro nicchie per essere adorate; se un gallo bianco sbatte le ali, la gente crede che sia un segno benevolo degli antenati.

Le donne preparano un piatto locale, a base di igname e manioca, che verrà servito ai lottatori dopo la gara.

Si compiono offerte di libagioni agli antenati, insieme ad una ciotola di vino di mais, affinché possano aiutare e proteggere la famiglia, questo è un momento molto solenne dell’intera cerimonia.

A questo punto la cerimonia vera e propria può avere inizio, lo scopo principale di questo rituale è quello di rendere il giovane uomo duro, coraggioso e stoico e consacrare non solo la transizione dall’adolescenza all’età adulta, ma anche l’affermazione della sua identità culturale Kabyè.

Il consumo di carne di cane è un elemento centrale ed essenziale del rituale Evala, per l’aspirante Evalou, questo consumo non è una scelta ma piuttosto una prescrizione necessaria per l’adempimento dei riti iniziatici, l’iniziato è costretto a consumare la carne del cane per acquisire le qualità di questo animale: resistenza, tenacia, forza e intelligenza.

Un adolescente deve combattere per tre anni consecutivi, a partire dall’età di 18 anni, prima che possa essere considerato un uomo, le lotte coinvolgono due squadre composte da 4 o 5 lottatori che si affrontano a torso nudo, sotto gli occhi dei genitori, amici e curiosi che li incoraggiano con canti, grida e suoni di corni.

I lottatori si cospargono di polvere bianca, simbolo di valore, e combattono fino al tramonto, dando del loro meglio, sia che vinca o meno la tribù riconosce l’iniziato come un uomo, un giovane che non ha mai lottato non viene considerato un adulto, soprattutto non tra i suoi coetanei.

Dopo diverse fasi di confronto tra le squadre, si possono proclamare i vincitori in base al numero di vittorie, la presenza di uomini saggi della comunità assicura il rispetto delle regole, e dell’arbitrato delle lotte, rivela inoltre il forte aspetto tradizionale della cerimonia.

I lottatori che hanno successo vengono invitati nella casa del capo che fa indossare loro dei berretti rossi; gli uomini con i berretti rossi vengono chiamati “guerrieri”, ossia i migliori tra tutti i combattenti.

La danza dei Red Cap è considerata un simbolo di maturità e coraggio nella cerimonia di iniziazione maschile.

Alla fine dell’Evala, i sacerdoti tradizionali e i feticheur fanno un giro dei luoghi sacri, soprattutto i santuari che si trovano nelle foreste e nelle grotte, per ringraziare gli antenati per aver permesso un buon svolgimento dei riti iniziatici.

Alla fine dei riti Evala il giovane prende un nuovo status sociale con diritti ma anche obblighi tra cui: il diritto di sfruttare la terra per conto suo, di sposarsi, di difendere il villaggio in caso di aggressione.

Le Kondona, sono cerimonie che hanno inizio il giorno dopo la chiusura della Evala, il giovane iniziato, che ha completato i suoi tre anni di lotta, diventa Ezoukpo, una sorta di classe media e può aspirare a diventare Kondo ossia adulto.

Gli verrà rasata la testa, gli verrà messa una collana al collo e gli verrà consegnato un gong.

La cerimonia consiste in una danza e una arrampicata sulle montagne, dove i ragazzi dovranno suonare il gong.

La cerimonia riguarda i ragazzi compresi tra i 22 e i 26 anni di età, e questa cerimonia iniziatica è un vero e proprio test per consentire ai giovani di integrarsi con la classe adulta, dando loro qualità e dignità; se hanno successo, avranno il potere di prendere parte alle decisioni riguardanti la vita della comunità.

Attraverso questa cerimonia danzante i ragazzi vengono adornati da pelli di animali e dalle conchiglie ed indossano un pesante copricapo di corna di bestiame coperto di piume di pollo.

Per il rito danzante, gli uomini devono dimostrare la loro forza, la loro resistenza e la loro abilità, danzando il più a lungo possibile e meglio dei loro pari, inoltre devono correre scegliendo i percorsi più difficili su e giù per le montagne attorno al loro villaggio, spostandosi di casa in casa fino alla residenza del capo.

Il fulcro di queste cerimonie è il villaggio di Farende nella regione di Kara, nel nord del Togo; Farende è conosciuta come la culla della tradizione di Kabye, perché, a differenza di altri luoghi in Togo, dove le cerimonie e le pratiche tradizionali stanno iniziando o continuano a svanire, qui la tradizione è ancora molto presente e praticata.

 

 

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