La storia del popolo San

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I San sono gli abitanti più antichi dell’Africa Meridionale, vivono nella vasta distesa del Deserto del Kalahari da 20.000 anni, anche se alcuni studi archeologici spostano la datazione a 100.000 anni; sono considerati i discendenti geneticamente più vicini dell’Homo sapiens da cui sono poi discesi i popoli negroidi d’Africa e i pigmei.

I San, comunemente chiamati anche Boscimani, trasposizione letterale dall’inglese “bushmen”, abitavano, in origine, l’Africa Australe, in particolare il Botswana, la Namibia, il Sudafrica, e lo Zambia.

Le terre ancestrali dei San, originariamente, erano popolate da grandi mandrie di antilopi, struzzi elefanti e numerosi altri animali selvatici; nel XVII secolo giungero in queste terre alcune popolazioni di agricoltori di origine bantù, che provenivano dall’Africa Equatoriale.

A questa prima invasione, che ha visto ridursi le terre ad uso esclusivo dei San, ne seguì una successiva, da parte dei colonizzatori boeri e inglesi, che hanno invaso le terre dei San con le loro mandrie di bestiame.

I San cacciavano le mandrie di bovini, come erano soliti fare con le antilopi, scatenando l’ira dei coloni che, ben presto, li spinsero all’esterno delle loro terre, in zone sempre meno ospitali e iniziarono azioni di repressione nei loro confronti.

Quello che ne seguì fu un vero e proprio genocidio, i San che originariamente erano diversi milioni, si ridussero a soli circa 100.000 individui e questo in conseguenza del loro stile di vita “primitivo”.

In tempi più recenti, per proteggere questa popolazione, viene istituita la Central Kalahari Game Reserve, in Botswana; una riserva istituita appositamente per proteggere il territorio tradizionale di 5.000 Boscimani e la selvaggina da cui dipende la loro sopravvivenza.

Sfortunatamente per i San, agli inizi degli anni ’80, nella riserva furono trovati i diamanti; questa scoperta ebbe, come primo risultato, la richiesta da parte del governo di sgomberare l’area e trasferirsi altrove.

I San rifiutarono di abbandonare le loro terre d’origine e questo rifiuto ebbe come risultato che nel 1997 vennero effettuati, da parte del governo, i primi sfratti forzati, seguiti da altri nel 2002 e nel 2005.

Nel 2002 i San si rivolsero al tribunale contro lo Stato del Botswana accusandolo di sfratti illegali; nonostante i rinvii e i ritardi, nel 2006 si giunge al verdetto: i giudici diedero ragione ai San e confermarono il loro diritto a vivere all’interno delle terre ancestrali, i giudici stabilirono inoltre che i Boscimani avevano il diritto di cacciare e raccogliere liberamente all’interno delle loro terre.

Nonostante la sconfitta il governo del Botswana non ha abbandonato il progetto estrattivo e le azioni di intimidazione nei confronti dei San vengono tutt’ora portate avanti; si stima che la miniera abbia un valore di circa 2,2 miliardi di dollari, una cifra troppo elevata per abbandonare il progetto.

Il Botswana è il più grande produttore di diamanti del mondo e il 35% del suo PIL proviene proprio dallo sfruttamento delle sue miniere che sono controllate da una società di nome Debswana, di proprietà del governo per un 50% e della De Beers per il restante 50%.

Oggi circa 50.000 Boscimani vivono in Botswana, 32.000 in Namibia, 4.350 in Sudafrica, 2.500 in Zimbabwe, 1.200 in Angola e 300 in Zambia, ma solo poche centinaia di loro continuano a seguire lo stile di vita tradizionale.

Nel nome del “comfort” si cerca di migliorare la vita dei San, ma il risultato è esattamente l’opposto, una volta abbandonato lo stile di vita tradizionale sono costretti a svolgere lavori umili e sottopagati e, come altre popolazioni che perdono il legame con le loro origini, si perdono nell’inferno dell’alcolismo, della prostituzione e della violenza.

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